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Quattro trolley. Sessanta chili di cannabis. Una chat cancellata. Un soprannome ingombrante. Un ruolo da definire. Una discesa costante. Un "piccolo virus" che poi era il Covid. Una condanna pesante. Uno stipendio da 600 euro. Una frase che fa male. Un tentativo di rinascita
Giulio Di Feo
27 luglio - 12:38 - MILANO
Sessanta chili, divisi in pratici pacchetti sottovuoto stipati tra vestiti e souvenir in quattro trolley. Yasmin e Rosie, messe alle strette dagli agenti della dogana dell'aeroporto di Stansted che le fermano e le perquiscono di ritorno da una vacanza a Bangkok l'autunno scorso, pensano che si tratti di oro e contanti da portare in Inghilterra per conto di conoscenti. Già così suona sospetto, il problema però è che nei pacchetti non c'è oro ma cannabis, oltre seicentomila sterline di cannabis. Scatta ovviamente l'arresto, e a un certo punto a Yasmin arriva un whatsapp del fidanzato con su scritto: "Cancella le nostre chat se riesci... non sono mai stato coinvolto in nulla del genere in tutta la vita".