Morace: "Provo a fare gol coi miei voti a Bruxelles. Ma il calcio non sta bene, rischio Mondiale"

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Ex giocatrice, allenatrice (anche di uomini), parlamentare: "Brave le azzurre, ma non vorrei calasse di nuovo il silenzio come nel 2019. Qualche passo avanti c’è, l’omofobia è stata superata"

Alessandra Bocci

Giornalista

7 agosto - 23:06 - MILANO

Carolina Morace è una leggenda del calcio femminile italiano e soprattutto il tipo che non le manda a dire. È sempre stata così, da ragazzina sui campetti di Venezia a quando ha rotto tutte le barriere, compresa quella di una donna allenatrice di una squadra di maschi (la Viterbese). È stata eletta parlamentare europea con il Movimento Cinque Stelle, il calcio è sempre una passione e la difesa del calcio femminile un must, però gli orizzonti sono altri. “In un gruppo di otto eurodeputati ciascuno ha scelto le tematiche più affini. Io mi occupo di sport femminile e di diritti delle donne, ma ho sempre a cuore il collegio del centro Italia nel quale sono stata eletta”. 

Carolina, però lei è la goleador della Nazionale femminile, non si può non parlare dell’Europeo delle azzurre... 

“Brave le ragazze, risultato strepitoso, ma non vorrei che si ripresentasse il rammarico del 2019, quando dopo il bel Mondiale calò il silenzio. Qualcuno dice che creo polemiche, ma polemiche di che cosa?”. 

Si spieghi meglio. 

“Credo che certi momenti creino una pubblicità per il movimento e vadano sfruttati. Se non te ne rendi conto resti un passo indietro”. 

Tante italiane stanno andando all’estero in campionati di prestigio: questo non è un buon segnale? 

“Scusi, quante inglesi vanno a giocare all’estero? Poi se le ragazze hanno delle possibilità da sfruttare va bene, ma il campionato si impoverisce. Il calcio italiano non sta bene e non parlo soltanto del settore femminile. Si improvvisa e alla gente sta bene, ma non voglio alimentare discussioni, quello non è più il mio mondo”. 

Perché è così difficile giocare a calcio in Italia per una donna? 

“Non è difficile soltanto per una donna. In ogni caso, ai miei tempi quando partecipavamo ai campionati Europei eravamo le uniche non seguite dalla Tv di stato e abbiamo ottenuto ottimi risultati, ora la tv segue ma gli sponsor vanno cercati e attratti: l’audience della semifinale Inghilterra-Italia è stato lo stesso di Psg-Chelsea al Mondiale per club”. 

Non è che in questa avversione per il calcio femminile in Italia giochi un qualche ruolo l’omofobia? Che sia una questione culturale insomma. 

“No, è un problema superato. Da quando ho fatto coming out con mia moglie non ho ricevuto alcuna molestia o offesa via social. C’entra altro. Il problema è che a molti va bene così: il professionismo non è sostenibile, lo sappiamo, e i club vanno aiutati con un progetto. Non si può contare soltanto sulla generosità delle società più importanti. Servono esempi virtuosi, se la cosa interessa. E poi è tutto il sistema calcio a dover crescere. L’ammodernamento degli stadi è fondamentale, è una fonte importante di guadagno. Se andiamo avanti di questo passo non ci qualificheremo più al Mondiale. E parlo del calcio dei maschi”. 

Adesso ha una nuova vita da parlamentare europea: le piace? 

“Mi piace la possibilità di incidere, di agire in maniera determinante su sport, diritti delle donne e tutela degli stati terzi. Non si tratta soltanto di dare un voto: sto a Bruxelles dal lunedì al venerdì, poi mi prendo un giorno libero per studiare, sto seguendo un corso di geopolitica molto impegnativo. E penso ai cittadini che mi hanno eletta e ai loro territori: il Parlamento europeo non è un parcheggio”. 

Che cosa porta della sua vita sportiva in questa nuova fase? 

“La capacità di fare squadra. Me la riconoscono tutti, e poi c’è il mio modo di fare diretto che è molto apprezzato. Non ultimo il senso di responsabilità insito nel mio carattere”. 

Torniamo al calcio. Ha un rimpianto? Le piacerebbe giocare in questa epoca meno pionieristica? 

“Forse in un altro momento storico avrei finito la carriera in Inghilterra invece che in Italia, però non me ne cruccio più di tanto. Considerando tutto quello che mi è successo in carriera mi va bene così e mi reputo una persona fortunata”. 

Adesso. Dopo il risultato all’Europeo e il rinnovato interesse per il calcio femminile, si pone il problema di non far spegnere la fiamma. Suggerimenti? 

“Guardi, come le ho detto adesso mi occupo di altre cose. Penso soltanto che serva un progetto. Se non siamo in grado di formularlo... Servono gli sponsor, serve una testa pensante che abbia voglia davvero di portare avanti la crescita di un movimento sano: è un problema che riguarda lo sport femminile e l’establishment in generale. Se a Silvia Salis si dice che non è ancora il tempo per rivestire un ruolo decisivo nel governo dello sport e poi diventa sindaco di Genova... Mah, c’è qualcosa che non va. Sempre le stesse facce, e lo stesso sistema. E non parlo, ripeto, del calcio femminile in particolare. Lo sport delle donne, tutti gli eventi, diventano sempre più importanti a livello di pubblico e di interesse mediatico, i numeri lo dimostrano: lo sport femminile piace, però la gestione resta sempre uguale. Così è difficile progredire”. 

Un messaggio di speranza per le ragazze che hanno fatto l’impresa di qualificarsi alla semifinale? 

“Loro sanno che sono brave e sanno di aver fatto un ottimo lavoro con tutto lo staff. Ma se non si faranno passi avanti, anche con l’Aic, sarà difficile progredire e migliorare ancora. Il professionismo non deve restare lettera morta e i club devono essere aiutati, perché in questi anni si sono fatti carico di tanti costi”.

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