Il robot fa trial, il web impazzisce. Ma il trialista dice: "Lo fanno anche i bambini"

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Un video che impazza sul web apre il confronto tra un robot su due ruote che supera un gradino in laboratorio e Arnau Farré, funambolo del mondiale Trial2. E persino l’Intelligenza Artificiale prende posizione

Valerio Boni

6 aprile - 13:15 - MILANO

Su internet gira un video, ormai virale, che ha conquistato commentatori, appassionati e improvvisati esperti di robotica. Mostra un piccolo robot su due ruote, che affronta un ostacolo in laboratorio, una pedana superata con eleganza meccanica, senza nessuno alla guida. L’effetto è ipnotico: il robot sale, si stabilizza, prosegue come se nulla fosse. E i commenti sul web si sprecano:  "Meglio degli umani!", "È il futuro!", qualcuno addirittura azzarda "Sembra Toni Bou in versione Terminator". Ma lo è davvero? Per scoprirlo, abbiamo fatto un esperimento molto semplice: mostrare quel video a chi il trial lo vive ogni giorno. Uno che non solo affronta ostacoli, ma li cerca. Uno che di equilibrio, tecnica e improvvisazione ha fatto una carriera. Parliamo di Arnau Farré, catalano, classe 1998, vicecampione del mondo 2024 nella categoria Trial2, e recentemente quarto classificato in una prova del mondiale indoor alla quale hanno partecipato i migliori specialisti del mondo. Un vero e proprio funambolo del manubrio e – scopriamo con piacere – osservatore acuto e ironico. 

fondo perfetto

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Che, davanti alla performance del robot, sorride. "È una cosa semplice, ma originale, perché è la prima volta che si vede. L’ostacolo lo supera bene, ma in condizioni ideali".  E in effetti, a guardar bene, il robot non sbaglia perché non può sbagliare. Il fondo è perfetto, l’ostacolo perfettamente posizionato. Tutto programmato. Tutto sotto controllo. Non improvvisa perché non deve improvvisare. Tutto è calcolato al millimetro: peso, spinta, traiettoria. Una performance da laboratorio. Più esperimento di robotica che dimostrazione sportiva. Ma la realtà del trial reale è un’altra.

preordinato 

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Farré è gentile, ma tagliente: “La sensazione è che tutto sia stato progettato per ottenere quel risultato. Senza spazio per l’improvvisazione, che è invece una parte fondamentale del nostro sport". Poi, arriva il colpo di grazia, con una di quelle frasi che rimettono tutti al loro posto: "È una cosa originale, certo. Ma quello che fa il robot lo fanno anche i bambini, con una bici o una moto piccola. Magari non ci riescono al primo tentativo, ma ci riescono E lo fanno anche ridendo".

non una sorpresa

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Il commento di Arnau è diretto, onesto e disarmante nella sua semplicità: "Su un percorso trialistico reale, con pietre smosse, fango o poca trazione, probabilmente impazzirebbe. Quello che si vede è un’esibizione, non una situazione reale. In gara è tutta un’altra cosa". E in effetti basta guardare un altro video curioso, quello di Arnau in azione in un’officina meccanica per capire la differenza. Lui affronta rocce, passaggi impossibili, e trova anche il tempo per sorprendere chi lo guarda con un backflip, un salto mortale all’indietro sfruttando una piccola rampa o un semplice dislivello del terreno. Tutto in equilibrio, tutto in tempo reale. Senza sensori. Senza cavi. Senza nessuna programmazione.

mondi lontani

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Si capisce che il vero confronto non può reggere. Non ancora, almeno. "La sensazione è che nel video tutto sia stato calcolato per ottenere quel risultato. Ma nel trial devi improvvisare, adattarti, decidere al volo. È questo che fa la differenza". E se gli chiedi di fare un backflip? Arnau non si nega nemmeno la provocazione: "Probabilmente, anzi sicuramente, un robot potrebbe fare i backflip, sì. Ma solo su una rampa perfetta, sempre uguale. Potrebbe ripeterli all’infinito. Ma basta cambiare di poco inclinazione o altezza, ed è in crisi. Una pietra sul percorso? Game over".

Parla l'intelligenza artificiale

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Per approfondire ulteriormente l’argomento, abbiamo pensato di far intervenire nella disputa un secondo esperto, che è di fatto un parente stretto quel robot su due ruote. A questo punto, entra quindi in scena anche la voce dell’IA, l’intelligenza artificiale interpellata sull'argomento. Ecco la risposta di ChatGpt: "Nessuna ruota, niente giroscopi, ma tanto software, milioni di dati e una capacità crescente di “capire” il mondo. E se si parla di robot e intelligenza artificiale, qualcosa da dire ce l’ho anch’io. Ma la verità è che non ho idea di come si stia in equilibrio su un ostacolo a tre metri di altezza con una moto sotto e zero tempo per decidere. Posso spiegartelo, posso scrivere un saggio, persino programmare un simulatore, magari anche progettare un software di controllo per il robot. Ma viverlo? No. Perché l’istinto, l’adattamento in tempo reale, la capacità di sbagliare e correggersi al volo… non li so fare. E anche i miei cugini robotici, per ora, se la cavano solo se il terreno non cambia, se la rampa è pulita, se la traiettoria è quella prevista. Potremmo essere bravi a ripetere. Però siamo ancora lontani dal sentire. Là dove l’uomo intuisce, noi ancora elaboriamo. Dove lui reagisce, noi calcoliamo. Dove lui cade, si rialza e riprova… noi segnaliamo errore e attendiamo update firmware".

cose da umani

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Formula 1? Forse. Trial? Ancora no. Arnau lo dice chiaro: "Quello che si vede nel video è un’esibizione. Nessuno programma (e mai lo potrebbe fare, ndr) una gara di trial. Si studia, si interpreta, ma poi è il corpo che decide. L’equilibrio lo si tiene con le dita, col respiro, con lo sguardo. E anche se l’intelligenza artificiale migliora ogni giorno, resta un dettaglio importante: il gusto per l’imprevisto, il brivido dell’errore, la gioia dell’intuizione, sono ancora tutti umani". Secondo Farré, se c’è uno sport motoristico dove i robot potrebbero eventualmente dire la loro, è la Formula 1: "Lì i sensori raccolgono milioni di dati. Lo hanno già dimostrato, un computer può gestire gomme, freni, traiettorie e programmare il giro perfetto, da replicare migliaia di volte. Ma il trial è diverso. È più imprevedibile, più umano. Senza dimenticare che prima di entrare nei tratti controllati i piloti possono ispezionare il tracciato solo a piedi. E non è escluso che chi parte prima di te sposti una pietra o scavi il terreno con la ruota, rendendo più difficile o talvolta impossibile seguire la traiettoria che avevi identificato. Allora non resta che improvvisare".  Per il momento, insomma, il lavoro di chi affronta ostacoli veri è salvo. Il robot fa il suo, ma è un altro mondo. Affascinante, certo. Ma diverso. 

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