Il pacemaker più piccolo del mondo si attiva con la luce

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E quando non serve più, si dissolve da sé senza lasciare traccia nel corpo

Giacomo Martiradonna

7 aprile - 13:41 - MILANO

Un pacemaker più piccolo di un chicco di riso, che può essere posizionato nel corpo tramite una semplice siringa e attivato da impulsi luminosi: è la nuova frontiera della ricerca scientifica messa a punto dalla Northwestern University. Pensato per i pazienti che necessitano di supporto elettrico solo per pochi giorni, per esempio neonati con difetti cardiaci congeniti, questo dispositivo costituisce un punto di svolta: è infatti completamente biocompatibile e riassorbibile, e non richiede invasivi interventi di rimozione. Ecco come funziona e perché cambia tutto.

Pacemaker temporanei

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I pacemaker temporanei sono fondamentali nella fase post-operatoria perché aiutano il cuore a battere durante la delicata fase del recupero. I dispositivi utilizzati fino ad oggi, però, impongono diversi limiti e hanno discreti problemi. La procedura standard prevede l’applicazione di elettrodi direttamente sul muscolo cardiaco, con cavi che fuoriescono dal torace del paziente per collegarsi a un generatore esterno. Quando il dispositivo non è più necessario, la rimozione dei fili può causare traumi, infezioni o addirittura lesioni ai tessuti cicatrizzati. Un approccio invasivo e che comporta rischi significativi e disagi soprattutto nei pazienti pediatrici.

Il pacemaker più piccolo del mondo che si Si dissolve da sé

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Il nuovo dispositivo è l'evoluzione di una ricerca precedente condotta dallo stesso gruppo della Northwestern, che aveva già introdotto un pacemaker temporaneo interamente dissolvibile. Una versione preliminare con dimensioni importanti, pensata soprattutto per i pazienti adulti. Il principio chiave era l’impiego di materiali bioresorbibili capaci di scomparire progressivamente all’interno del corpo senza lasciare residui; un approccio che ha eliminato la necessità della successiva rimozione chirurgica. Ora però, con il processo di miniaturizzazione estremo, arriva la possibilità di dare i medesimi vantaggi anche ai neonati, pazienti in cui lo spazio disponibile e la fragilità anatomica rendono i dispositivi convenzionali impraticabili.

attivazione ottica

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Sono due le innovazioni chiave che hanno reso possibile questo dispositivo. La prima riguarda il sistema di alimentazione: il pacemaker sfrutta una cella galvanica, cioè una batteria attivata dai liquidi corporei. Gli elettrodi metallici del dispositivo generano corrente elettrica una volta immersi nei biofluidi, il che evita la necessità di batterie tradizionali. La seconda innovazione è costituita dall’attivazione ottica: un sistema indossabile rileva le anomalie del battito e invia un impulso luminoso infrarosso che attraversa pelle, muscolo e sterno per raggiungere il pacemaker. Questa luce attiva un interruttore che avvia la stimolazione elettrica, senza fili o antenne interne.

potenzialità future

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Le potenzialità di questo dispositivo vanno ben oltre la sua compattezza. L’impianto infatti si installa senza particolari procedure chirurgiche, riduce drasticamente il trauma per il paziente e rende la procedura accessibile anche in contesti clinici meno attrezzati. Il riassorbimento completo elimina i rischi legati alla rimozione chirurgica e consente un recupero più sereno, soprattutto nei neonati e nei pazienti pediatrici. Infine, spiegano gli esperti, le sue dimensioni millimetriche permetterebbero di distribuire più pacemaker su diverse aree del cuore, così da consentire una stimolazione cardiaca multi-sito per trattamenti più sofisticati, come l’interruzione delle aritmie o il supporto in combinazione con valvole cardiache artificiali.

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