Sabato a Roma Jannik riparte contro l'argentino specialista della terra rossa. Fino al 2020 il suo era tennis "di sopravvivenza". Per lui in patria hanno creato la Navoneta
Lorenzo Topello
8 maggio - 17:43 - MILANO
La chat fra Mariano e Marcos si è fatta incandescente. Sarebbe più facile incontrarsi di persona, ma là fuori imperversa la pandemia e il lockdown rappresenta la dolorosa quotidianità a tutti gli angoli del globo. Anche in Argentina, dove Marcos (Zugasti, giornalista) ha mandato mail in ogni dove per trovare uno sponsor a Mariano (Navone, tennista): il ragazzo, 19 anni appena compiuti, promette bene. La svolta arriva a marzo 2020, e i due la commentano su Whatsapp: “Ci danno sei racchette, una borsa, uno zaino, tre confezioni da 30 grip e tre tubetti di inchiostro per le corde. Mariano, non è male per un primo contratto!”. Navone tira un sospiro di sollievo: prima giocava un tennis di sopravvivenza, ora pregusta Slam e Masters 1000. L’avversario con cui debutterà Sinner a Roma è un coetaneo che ha già vissuto svariate vite: ha cancellato il dritto reimparandolo da zero, è diventato il re dei Challenger e nel 2024 ha messo il proprio nome su un record e in cima a una classifica. Lo manda… Scaloni, il ct della nazionale argentina da cui prende spunto nel soprannome e nello spirito. È Mariano Navone, e coi tennisti italiani vanta precedenti felicissimi.
SACRIFICI
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Di Mariano Navone non è banale nemmeno il luogo di nascita. Che sì, è il solito pueblecito da qualche parte nella periferia di Buenos Aires. Ma si chiama Nueve de Julio, 9 di luglio, come la data dell’indipendenza argentina. Qualche decina di migliaia di anime fra cui spicca lui, figlio di tennisti che cresce col mito di Novak Djokovic (“Per me il più forte di sempre”) e Nalbandian (“Persona e tennista davvero speciale”). I mezzi familiari sono quello che sono, però: “All’inizio affittavo un appartamento con degli amici perché non avevo sponsor, e ho viaggiato solo grazie al sacrificio dei miei genitori. Una volta un ragazzo che viveva con me non partì per un torneo perché disse di avere solo dieci euro nel portafoglio. Il tennis, a quei livelli, è questione di sopravvivenza”. Almeno finché Dunlop, presa d’assedio dall’amico giornalista Zugasti, non si convince a sganciargli la fornitura di cui sopra. Fra cui spiccano le sei racchette con cui Navone viaggia in giro per l’Europa a caccia di punti.
LA PSICOLOGA E I CHALLENGER
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Le vittorie non arrivano immediatamente, servono un aiuto fuori dal campo e uno fra righe e corridoi. Il primo è l’aiuto di una psicologa con cui ricacciare indietro la paura di non farcela e l’ansia: ottima idea. Il secondo è la scelta di cambiare impugnatura del dritto: giugno 2023, uno dei primi punti di svolta della carriera. Nel giro di pochi mesi vince cinque finali Challenger in giro per il mondo. Sotto l’albero di Natale, a stagione finita, festeggia venendo a scoprire che nessuno, durante l’anno, è riuscito a fare meglio. Il ranking, 365 giorni prima, lo vedeva al 239: stavolta si imbarca nel 2024 seduto sulla poltrona numero 120 del mondo. E ha già la lucidità per guardarsi indietro: lo intervistano e gli chiedono: “Cosa diresti al Mariano che pochi anni fa non riusciva neanche a garantirsi uno sponsor?”. Risposta che rientra abbondantemente nelle dieci righe di una terza prova alla maturità: “Gli direi di rimanere calmo. Le cose belle arrivano”.
LA SCALATA
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Nel 2024, per lui, ne arrivano di bellissime. Da buon argentino studia per diventare gigante della terra rossa e sorprende tutti all’Atp 500 di Rio: parte addirittura dalle qualificazioni, sorprende più di uno specialista (il vecchio Coria, il giovanissimo Fonseca), scherza con Norrie e si arrende solo in finale a Baez. A Buenos Aires scoppia la mania per Mariano che diventa immediatamente la Navoneta, in assonanza col soprannome della Seleccion di Scaloni che in tre anni vince un Mondiale e due volte la Copa America: “La Navoneta è come la nazionale, mi chiamano così perché ho carisma come Scaloni. Ma sul mio carro c’è meno gente, io sono molto meno famoso”. Non fa una piega. Nel frattempo festeggia i propri successi (c’è anche una finale a Bucarest) in curva a tifare Argentinos Juniors, perché pallina e pallone viaggiano per lui nella stessa direzione: “Anzi, quando sono in Europa mi porto dietro la VPN per guardarmi le partite in hotel”. E comincia a regalarsi gioie contro gli italiani: a Cagliari vince un Challenger 175 in finale contro Musetti, abbandonandosi alla gioia più grande della propria carriera. Che verrebbe sormontata di netto, ovviamente, in caso di vittoria contro Sinner al secondo turno degli Internazionali. Dove è entrato in punta di piedi ed evitato cali di tensione contro un italiano, il 2007 Cinà: doppio 6-3, prestazione con poche sbavature.
SPECIALISTA DEL ROSSO
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Cosa può aspettarsi Jannik da Navone? Un giocatore solido da fondo campo, caricato a molla dall’idea di trovarsi superficie preferita (non si può dir lo stesso di Sinner) e abituato a costruire i punti soprattutto in risposta: nel 2024 si è preso il primo posto davanti a illustrissimi colleghi in una classifica ufficiale Atp. Quella dei game vinti in risposta sul rosso, oltre il 38% di quelli affrontati durante la stagione. Del resto l’anno scorso ha messo la firma anche su altro. Su un record clamoroso: ha fatto il suo debutto assoluto in uno Slam… da testa di serie. Il torneo, facile intuirlo, era il Roland Garros. Lui era entrato di un soffio fra i primi 32, grazie proprio alla vittoria a Cagliari contro Musetti. L’avventura a Parigi è durata un paio di partite, ma gli ha lasciato il segno: “Che comodità, i Major. Ci sono persino i buffet! Puoi mangiare quanto vuoi, quando vuoi. Così è tutto più facile”. Il tennis della sopravvivenza è un ricordo sbiadito: ora la Navoneta sogna di proseguire la navigazione sul Tevere.