Cina: la grande muraglia verde e le allergie

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Nelle regioni vicine alla grande muraglia verde, creata per frenare l'avanzata del deserto, le riniti allergiche sono il doppio più frequenti.

Dal 1978 la Cina ha piantato oltre 66 miliardi di alberi, creando nel nord del Paese una "grande muraglia" verde lunga 4.500 km2 e ampia 150.000 km2. Se da un lato ha permesso di frenare l'avanzata dei deserti del nord, come il Gobi o il Taklamakan, questo colossale progetto ecologico ha portato con sé un effetto collaterale inaspettato: un'epidemia di riniti allergiche.

È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Hazardous Materials, che ha verificato che il polline di una specie di artemisia (artemisia ordosica), la pianta più comune della muraglia, è fortemente allergizzante e viene prodotto in grandi quantità tra agosto e settembre.

Quante persone colpisce? La provincia dello Shaanxi e la regione della Mongolia Interna sono quelle più colpite da questa epidemia di starnuti, occhi arrossati e asma: se in Cina la febbre da fieno (o rinite allergica) colpisce circa il 18% degli abitanti, a Yulin (nello Shaanxi) la percentuale degli allergici raggiunge il 27% e nella Mongolia Interna il 32%.

Questo significa che chi vive vicino alla grande muraglia verde ha circa il doppio della possibilità di sviluppare allergie respiratorie.

Colpa della artemisia. La colpa è del polline di artemisia ordosica, una pianta economica e facile da coltivare, all'epoca selezionata dalle autorità per riforestare la zona per la sua capacità di resistere a climi estremi, stabilizzare dune e frenare l'erosione del terreno.

Il difetto? Il suo polline è fortemente allergizzante, poiché contiene cinque componenti volatili in grado di attivare i mastociti (le cellule del nostro sistema immunitario coinvolte nelle reazioni allergiche).

Che soluzioni ci sono? Il problema è così diffuso che i governi locali hanno cominciato a muoversi urgentemente, trovando nuove specie di piante adattate all'ecosistema locale ma meno dannose per le persone, come pini o pioppi senza semi.

Pechino ha investito 830 milioni di dollari per sostituire alcune artemisie con ginkgo biloba o susini e somministrare fitormoni ad alcuni esemplari allergizzanti per bloccare la formazione di nuovi boccioli.

La notizia positiva è che la grande muraglia verde – effetti collaterali a parte – sta facendo il suo dovere: dal 2008 al 2018 la frequenza delle tempeste di sabbia a Pechino si è ridotta del 70%, e secondo le stime gli alberi piantati hanno assorbito il 5% delle emissioni industriali di CO2 prodotte dalla Cina tra il 1978 e il 2017.

Fotogallery Il polline, mai così vicino

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