Velasco: "Ho rivissuto la semifinale di Rio del '90. L'approccio è giusto ma ora testa alla Turchia"

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Il ct dell'Italvolley: "Le ragazze non si sono mai scomposte e sono rimaste umili. È l'approccio giusto"

Davide Romani

Giornalista

7 settembre - 01:05 - MILANO

"Ho rivissuto la semifinale di Rio del 1990 con la Nazionale maschile. Una partita molto simile, con lo stesso risultato di 3-2 e lo stesso finale, 15-13 al tie-break". Sorridente ma provato, Julio Velasco sintetizza così le oltre due ore di gioco che spingono l’Italia alla finale del Mondiale in programma oggi alle 14.30.

Velasco, una partita che sembrava stregata. Si aspettava di soffrire così tanto? 

"Certo, lo ripeto sempre alla mia squadra. Noi non possiamo pensare che andrà sempre tutto bene, come successo l’anno scorso. Dobbiamo essere consapevoli che avremo partite molto difficili che possono finire anche 32-30 al tie-break. Soprattutto con squadre come il Brasile. La squadra di Ze Roberto ha giocato un incontro straordinario". 

Non è stata una delle migliori prestazioni della sua Italia. Come mai?

"Il Brasile ha murato, ha difeso, ci ha messo in difficoltà con la battuta. E poi in attacco Gabi ha fatto cose incredibili. Eppure, a esultare è stata l’Italia. Questo vuol dire che una delle caratteristiche di questa squadra è che non molla mai. Dote che è stata premiata con un grande risultato". 

Avete vissuto anche momenti complicati durante la partita. Cos’è successo? 

"Fahr ha avuto un problema durante il riscaldamento alla caviglia destra, poi durante il primo set è successa la stessa cosa a Orro. Se a questo aggiungiamo le difficoltà avute a inizio match da Egonu, le ragazze sono state brave a non scomporsi". 

È contento della prova di maturità e solidità mentale delle azzurre? 

"Certo. È il giusto approccio. Se noi siamo presuntuosi e pensiamo che siamo più forti, che vinciamo, è la fine. Dobbiamo continuare a essere umili come lo siamo stati fino a oggi. Il problema è il contorno, è la cultura sportiva italiana». 

A che cosa si riferisce? 

«Non possiamo pensare che, quando si vince, siamo i più forti e quando si perde non c’è niente di buono, è tutto un disastro. Quando si vince, può anche succedere poi di perdere. Non è che se qualcuno ha avuto successo prima, avrà più possibilità di ripetersi. Anzi, a volte è più difficile". 

Che parole ha detto alle ragazze prima della semifinale? 

«Ho semplicemente ricordato a loro che hanno spinto al massimo tutta l’estate in allenamento. Per questo, se il risultato non fosse stato quello sperato, non avrebbero avuto nulla da rimproverarsi perché anche le altre nazionali lavorano bene. Ad esempio, il Brasile, paese con una grande cultura pallavolistica e un tecnico straordinario come Ze Roberto. Non dimentichiamoci che prima o poi tornerà anche la Russia, gli Stati Uniti hanno iniziato un importante ricambio generazionale in vista dei Giochi di Los Angeles dove torneranno molto competitivi. E in finale ci sarà la Turchia, che ha lavorato bene come noi. Non pensiamo che la vera finale sia stata questa perché potremmo farci molto male». 

Contro il Brasile ha utilizzato molte giocatrici dalla panchina. Soddisfatto del loro rendimento? 

"È la forza dell’Italia, di questo gruppo di giocatrici: chiunque entra in campo porta il suo contributo. Ma attenzione, può non bastare. Ci vuole anche uno staff tecnico che abbia il coraggio di inserire ragazze più giovani, e con poca esperienza a questi livelli".

Al sesto tentativo è caduto il tabù Brasile in una partita del Mondiale... 

"Il tabù Brasile esisterà sempre. È vero, si è interrotta una striscia negativa con loro, ma quando le ritroveremo avranno recuperato una giocatrice come Ana Cristina. Quindi saranno ancora più forti". 

L’abbiamo vista vivere intensamente la partita anche con gli arbitri. C’è stato qualcosa che l’ha infastidita? 

"Io non protesto mai, ma quando ho visto dalla panchina del Brasile che cercavano continuamente di influenzare l’operato degli arbitri mi sono fatto sentire. Ora, però, pensiamo alla Turchia".

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