"Un mastino per l'Inter". Quando Kompany stregò Moratti, che voleva portarlo a San Siro

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Nel 2004 il centrale belga fu vicinissimo ai nerazzurri. Convinse i piani alti a puntarci dopo un doppio confronto proprio contro l'Inter

Francesco Pietrella

Giornalista

7 aprile 2025 (modifica alle 13:22) - MILANO

Il mastino s’è fatto mister e ora gira col cappello. C’è stato un tempo in cui Vincent Kompany tifava per l’Inter e teneva le dita incrociate. Aveva 18 anni e stregò Mancini dopo averlo sfidato ai gironi di Champions. Moratti trattò a lungo con l'Anderlecht per portarlo a San Siro, ma alla fine rimase a Bruxelles, salvo poi volare in prima classe prima ad Amburgo e poi a Manchester.

"il mastino"

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Oggi Kompany guida il Bayern Monaco dei “Monstars”, la bestia nera di Simone Inzaghi – quattro sconfitte in quattro confronti -, ma più di vent’anni fa è stato a uno schiocco dal piazzale di San Siro. Il 7 ottobre 2004, una decina di giorni dopo la sfida con l’Anderlecht, la Gazzetta titolo così: “Un mastino per l’Inter”. Kompany aveva incassato un bel 6,5 nonostante la sconfitta in casa per 3-1, accendendo una lampadina nella testa di Moratti. “Questo ragazzo è forte, prendiamolo”. Vincent aveva 18 anni e giocava in una squadra di talenti destinati a incrociare l’Italia: Wilhelmsson, Baseggio e Vanden Borre. Il centralone belga era il più giovane, frequentava l’ultimo anno di liceo e simpattizava… per il Milan. In zona mista, intercettato dai cronisti, svelò che suo fratello gli aveva regalato una maglietta rossonera: “Da piccolo stravedevo per Weah, Baresi e Desailly”. 

trattativa sfumata

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L’Inter provò a prenderlo a gennaio 2005 per un pugno di milioni. Mancini ne lodò le qualità in un paio di conferenze stampa, ma alla fine Kompany rimase a Bruxelles per un’altra stagione e mezza. Nel 2006 volò ad Amburgo per giocare in Bundesliga, poi virò sul Manchester City, con cui ha giocato fino al 2019. Ha chiuso la carriera all’Anderlecht nel 2020. Il Bayern l'ha scelto dopo averlo visto all'opera tra Bruxelles e Burnley. Martedì si siederà in panchina col suo solito cappello e incrocerà le braccia pensando a quel match che gli cambiò la vita più di vent'anni fa. Oggi è lo stesso. Sulla sua strada c'è ancora l'Inter. 

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