Trionfo Bologna 51 anni dopo, Italiano rinnoverà fino al 2027: "Pareva irripetibile"

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Festa rossoblù dopo la vittoria contro il Milan. Il tecnico che aveva perso tre finali: "Coi ragazzi c’è un rapporto tale che sembro quasi un loro compagno". L'ad Fenucci: "Continueremo insieme"

Matteo Dalla Vite

Giornalista

15 maggio 2025 (modifica alle 00:16) - ROMA

Cinquantuno anni dopo, nulla sarà più come prima: la sera dei miracoli, ma anche dei meriti, ha trovato il suo colpo grosso, perfetto, esultante ed esaltante. Nulla sarà più come prima perché il prima era una terra promessa: che adesso è stata presa, conquistata, afferrata, sua. Sua del Bologna e della Bologna che è arrivata fino a qui ad alzare la Coppa dopo quella del ‘74: trentamila cuori che escono dal petto, sessantamila occhi che non credono a se stessi, mani che applaudono, vip che si abbracciano come fossero tornati bambini mentre segnavano un gol con gli amici e le ginocchia sbucciate. Il Bologna ha vinto la sua terza Coppa Italia: adesso Vincenzo Italiano e il suo gruppo cominciano a lavorare per il sequel di una stagione che pareva da tormenti e che invece ha la faccia della gioia in una città di caroselli visti l’ultima volta in un’età dell’oro che, come ha detto Italiano a Mattarella, pareva "irripetibile". Pareva. 

Vincenzo’s boulevard

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Saltano tutti, sorridono tutti, Orsolini che fa il “toc toc” al mondo azzurro, Saputo che aspetta i cavalieri che fecero l’impresa, il Bologna che entra in una nuova era che dovrà dare consequenzialità perché "qui c’è tutto per poter crescere e perché Saputo è ambizioso". Dieci anni fa, arrivando a Bologna, il patron italo-canadese aveva promesso l’Europa: sembrava avesse fissato l’orologio, il timer, perché è arrivata la Champions, perché adesso questa Coppa Italia è il lucchetto rotto sul cancello di anni da tredicesimo posto. Nulla sarà più come prima perché rispetto a prima la vita è cambiata. In meglio: e lo sanno l’ad Claudio Fenucci, Giovanni Sartori e Marco Di Vaio. Anche per Vincenzo Italiano la vita sarà un’altra: dopo tre finali di fila perse ha preso lo scettro nella serata in cui nessuno lo indicava favorito. Era la sua 4a finale in 720 giorni: hanno esultato anche a Ribera, davanti al maxischermo montato per la finale. Italiano eroe dei tre mondi: è nato in Germania, è originario della Sicilia e sale sul tetto d’Italia col Bologna. Roba da Santo subito. "Coi ragazzi c’è un rapporto che sembro quasi un loro compagno: il maestro che resta allievo può essere una strada buona" ha detto. Vincenzo’s boulevard, che magari nascerà davvero in qualche angolo di Bologna. Mentre all’Olimpico sbucavano i volti di Carboni, Cremonini, Domenicali e altri vip bolognesi tesi come violini. 

Resta

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Italiano che aveva iniziato sull’Izoard: senza Zirkzee e Calafiori, prendeva una panchina per la quale "mi davano del matto", con solo mezzo Ferguson e l’incognita del dopo-Motta. Ha fatto fatica. Ha pedalato anche con le gomme sgonfie. Ma con passione e incisività ha installato il proprio software senza cancellare ciò che di buono si era creato. Ed è stata lì l’accensione: dentro un gruppo già sano, Italiano ha agito assecondando i riti (la musica nello spogliatoio), ha esaltato le ali (Orsolini e Ndoye coi record di gol), entrando nel cuore del pubblico che oggi lo ama più di quanto arrivò ad amare Motta lo scorso anno. E adesso, avanti col rinnovo: il suo contratto scade nel 2026, le chiacchiere sono già state avviate per il 2027. Chiacchiere, si fa per dire: fatti. "Il percorso del Bologna – ha detto l’ad Fenucci - è iniziato qualche stagione fa. Con Italiano era più difficile, i ragazzi sono stati bravi nel seguirlo. Il suo futuro? Abbiamo già iniziato a parlare con l’avvocato che lo rappresenta. Lui sta molto bene con noi, noi siamo contenti di lui come professionista e come persona. Continueremo insieme".

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