Scontro governo-Anm sul caso Almasri, l'ira di Nordio

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   Ennesima puntata dello scontro governo-magistrati, questa volta declinato attraverso il caso Almarsi. Già l'archiviazione della sola Giorgia Meloni, sul presupposto che non abbia avuto parte attiva nella decisione di liberare il comandante libico su cui pendeva un mandato di cattura internazionale, aveva mandato su tutte le furie la premier.

   A dare fuoco alle polveri sono le parole del presidente dell'Anm Cesare Parodi, nel day after in cui arrivano infine alla Camera gli esiti delle indagini del Tribunale dei ministri sugli altri tre coinvolti, Alfredo Mantovano, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Con richiesta di autorizzazione a procedere.

    E' proprio il Guardasigilli a tuonare contro l'associazione nazionale dei magistrati rea, secondo il ministro di Fdi, di una "inaccettabile invasione di campo". In radio di prima mattina Parodi in effetti esprime un giudizio su un eventuale processo che dovesse coinvolgere Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto di Nordio. A domanda dell'intervistatore sull'impatto di un eventuale procedimento contro di lei, il numero uno dell'Anm osserva infatti che "un processo dove vengono accertati magari in via definitiva certi fatti ha evidentemente un ricaduta politica, neanche tanto indirettamente, sulle persone coinvolte".

    Il ministro, che ha sempre difeso la sua più stretta collaboratrice, verga una nota in cui si dice "sconcertato" dalle parole di un presidente Anm "considerato, sino ad ora, equilibrato". Mentre il nome di Bartolozzi "a quanto mi risulta, non è nemmeno citato negli atti, non so come si permetta" scrive Nordio che poco dopo, alla Camera per votare il componente laico del Csm, cerca di evitare il fuoco di fila dei giornalisti. Un passaggio in buvette, accompagnato come sempre da Bartolozzi.

    All'ennesimo tentativo, Nordio se la cava con un "il presidente del Consiglio ha parlato per tutti", salvo poi, orologio alla mano, osservare che "alle 13.15 non ho ancora ricevuto nulla", nonostante "la legge preveda" che le notifica vada "trasmessa immediatamente".

    Le carte in effetti, alla Camera arrivano solo in tarda serata. Fino a quel momento come a Nordio nemmeno a Piantedosi e a Mantovano era stato notificato nulla: nel decreto di archiviazione di Meloni, come ha spiegato lei stessa, il Tribunale dei ministri precisa che le posizioni degli altri esponenti del governo saranno trattate "separatamente". E arriva la richiesta di autorizzazione a procedere per tutti e tre.

    Una scelta, quella di dividere i destini di premier, ministri e sottosegretario alla presidenza, che certo non è stata sollecitata da Palazzo Chigi, una delle osservazioni che filtra dal palazzo del governo. Dove si ragiona sul fatto che il Tribunale dei ministri abbia ritenuto non utile la disponibilità di Mantovano a essere sentito sul caso Almasri (i magistrati avrebbero invece voluto sentire Nordio, che non si è mai presentato). In più, si ragiona sempre ai piani alti dell'esecutivo, il decreto per la premier è datato 1 agosto e "dopo 4 giorni" non risultano ancora atti trasmessi dalla procura generale della Repubblica (guidata da Francesco Lo Voi) alle Camere. A gettare ombre sul caso, secondo i fedelissimi della premier, anche il fatto che l'Anm, nella persona del suo presidente, parli di un processo (quello eventuale a Bartolozzi) di cui per l'appunto al momento nessuno è a conoscenza. Ma si è trattato di un fraintendimento, si affretta a puntualizzare Parodi. "Mai citato né fatto riferimento alla dottoressa Bartolozzi, ho sviluppato un ragionamento generale che prescinde dall'inchiesta in corso", si difende il magistrato, sottolineando che in caso contrario Nordio avrebbe "perfettamente ragione a parlare di invasione di campo, approccio che non mi appartiene né culturalmente né caratterialmente".

    Mentre nella maggioranza c'è chi si chiede se si sia trattato di uno "scivolone" o di un "invito ad agire", come fa il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Enrico Costa, il cortocircuito oltre ad acuire le distanze tra governo e toghe dà la stura alle critiche delle opposizioni, che insistono sul fatto che il governo abbia "mentito" e chiede di nuovo a Meloni di "riferire in Parlamento". 

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