Da due settimane, le lavoratrici e
i lavoratori degli stabilimenti Dana di Arco e Rovereto stanno
scioperando a singhiozzo, con un'ora o più di astensione al
giorno e presidi quasi quotidiani davanti ai cancelli.
L'adesione è altissima e in diversi reparti la produzione si è
fermata. La mobilitazione - ricordano Fiom Cgil, Fim Cisl e Cub
Trento - si inserisce nello stato di agitazione aperto fin dallo
scorso novembre, dopo che l'azienda si era presentata al tavolo
con una controproposta senza alcun contenuto, ritenuta
unanimemente una provocazione. Quella risposta era arrivata dopo
mesi di attesa e incontri andati a vuoto, a seguito della
presentazione - a inizio 2024 - della piattaforma sindacale per
il rinnovo del contratto integrativo, scaduto a fine 2023. Oggi,
luglio 2025, tutto è ancora in stallo.
Nel frattempo, non è arrivata alcuna garanzia sul futuro
occupazionale, in particolare nello stabilimento di Rovereto, e
sono emerse ulteriori criticità: dal mancato riconoscimento dei
corretti livelli di inquadramento all'applicazione arbitraria
dell'accordo di bacino, che regola la stabilizzazione dei
lavoratori precari.
La piattaforma sindacale rivendica un cambio di rotta
chiaro: porre fine allo sfruttamento del lavoro precario,
reinternalizzando le attività oggi svolte in appalto e riducendo
il ricorso ai contratti in somministrazione. A ciò si affianca
la richiesta di un adeguamento salariale consistente, in grado
di recuperare il potere d'acquisto eroso dall'inflazione e di
redistribuire la ricchezza prodotta. Di fronte ai continui
record di utili realizzati da Dana, è giusto che i salari non
solo non arretrino, ma crescano in linea con i risultati
economici, restituendo una parte dei profitti a chi li genera
ogni giorno con il proprio lavoro. I lavoratori protestano anche
contro il rifiuto dell'azienda di riconoscere i livelli di
inquadramento adeguati. La direzione motiva questa scelta con un
presunto divieto imposto dalla proprietà americana, salvo poi
ammettere che tale vincolo non si applica alle figure
dirigenziali.
Al centro della protesta c'è anche la violazione dell'accordo
di bacino, che prevede il diritto di precedenza per i lavoratori
precari con almeno dodici mesi di servizio e la loro assunzione
diretta entro tre anni. Dana, aggirando nella sostanza
quell'accordo, ha interrotto negli ultimi mesi diversi rapporti
di lavoro, anche con persone ormai prossime alla
stabilizzazione, con criteri del tutto arbitrari. Questo
atteggiamento ha generato un clima pesante, in cui vengono
compressi diritti e libertà fondamentali, con ripercussioni
anche sulla salute e sicurezza sul lavoro.
Infine, sul tema della delocalizzazione in Messico di buona
parte della produzione di Rovereto, prevista entro il secondo
trimestre del prossimo anno, non c'è ancora alcun riscontro
delle promesse della direzione di trovare produzioni
alternative, mentre il conto alla rovescia procede.
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