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Il fuoriclasse croato e il talento svizzero hanno scelto il Diavolo per la grande storia e l'attrazione che il club esercita da sempre, nonostante i risultati degli ultimi anni. Ma ora dovranno mettersi a disposizione e adeguarsi al Dna rossonero
Arrigo Sacchi
7 agosto - 12:29 - MILANO
Chiusa la leggendaria carriera al Real Madrid e salutato il tempio del Bernabeu, Luka Modric ha voluto a tutti i costi trasferirsi al Milan e, nonostante i quarant’anni e qualche legittima perplessità sulla sua tenuta atletica (che anch’io nutro, sperando di sbagliarmi), la gente si è subito innamorata di lui radunandosi numerosa nel giorno della presentazione. Lo svizzero Ardon Jashari, che era di proprietà del Bruges, ha chiesto a gran voce la cessione al Milan, che lo seguiva da tempo, e alla fine i dirigenti belgi hanno dovuto accontentare questo desiderio. Sono due storie, quelle di Modric e di Jashari, che testimoniano il fascino che i colori rossoneri esercitano sui giocatori. Soprattutto su quelli stranieri. Anche se magari non si viene da un periodo di grandi successi. Ci si domanderà: perché succede tutto questo? La risposta è abbastanza semplice: basta guardare la bacheca del club dove brillano ben sette (dico sette) Coppe dei Campioni, oltre a tanti altri trofei. Quante squadre italiane hanno vinto così tanto in Europa? Nessuna. Logico, dunque, che il nome del Milan sia attrattivo, come si usa dire oggi, e che i calciatori ambiscano a vestire la sua maglia.