Romana Petri, 'bene stop ai cellulari in classe, no a proibirli'

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"Se i telefonini degli studenti venissero consegnati in classe a inizio delle lezioni e ripresi alla fine dell'orario scolastico questa disposizione avrebbe un senso: me li ricordo molto bene questi ragazzi con il cellulare sotto il banco a tirarlo fuori e guardarlo, magari solo per uno sguardo ai social: un'abitudine che distrae moltissimo da tutto cio' che ci circonda". Non ha dubbi la scrittrice Romana Petri, autrice di molti romanzi (l'ultimo 'La ragazza di Savannah') e una carriera di insegnante alle spalle, nel promuovere lo stop ai cellulari in classe. esteso anche agli istituti di secondo grado da quest'anno.
    "Ho insegnato alle superiori fino al 2021 - racconta all'ANSA in occasione della riapertura delle scuole - e nel caso dei telefonini sono perfettamente d'accordo nel divieto di utilizzo in classe, anzi in tal caso sono stata un'antesignana: più volte ho detto ai ragazzi 'consegnateli' per poi ridarli a fine lezione". Diverso il discorso, precisa la scrittrice, se la scuola imponesse allo studente di arrivare a lezione privo di cellulare, "perché non si può tornare agli anni '80, non ci sono più le cabine telefoniche, e anche da madre dico che non si può stare senza assicurare al ragazzo la reperibilità una volta uscito da scuola" spiega Petri. Che critica la modalità con cui si usa il telefonino anche in altri ambiti: "Le persone, anche adulte, stanno tutto il giorno sul cellulare, basta guardare cosa succede in treno. A volte io stessa lo silenzio perché è qualcosa che distrae moltissimo: secondo me alla lunga non cala solo la soglia d'attenzione, cala proprio l'intelligenza".
    Se si pensa ai social c'è anche il rischio che il cellulare diventi "uno strumento violento, soprattutto verso le donne - osserva -: mi riferisco ai commenti alle attrici che cercano di mantenersi in forma anche per il loro lavoro e magari vengono fotografate nei momenti più tremendi .. C'è un bullismo di riporto che consiste anche nell'andare a scrivere sotto una foto dei commenti brutali: ricordo quello che scrivevano a Michela Murgia... Lei era talmente intelligente che destava molta rabbia". Insomma, se il livello è questo, "tanto vale ascoltare il professore di greco" ragiona Petri.
    I primi giorni di scuola vissuti da alunna "erano sicuramente più interessanti di quelli da insegnante perché dopo due o tre mesi di vacanza ci si ritrovava dopo tanto tempo, c'era la gioia di rivedere i compagni di scuola, l'attesa di una socializzazione con gli altri studenti. Come insegnante - prosegue - li ricordo con meno entusiasmo: quello del professore è un mestiere usurante, anche perché, a differenza di quando ho cominciato io a insegnare, quando la validità del rapporto con gli alunni era importante, man mano ne hanno preso il posto la burocrazia, i progetti, il viaggio di istruzione. E poi c'è l'attenzione da parte dei genitori che magari la rivolgono al figlio solo sui risultati scolastici: ora è quasi un dire 'ti copro anche se non sei valido' al posto di 'hai brutti voti, studia e recupera'". 
   

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