L'avversario di Sinner al primo turno non ha un bel ricordo del Roland Garros: nel 2024 tirò un calcio al tabellone pubblicitario contro Etcheverry e fu costretto all'abbandono
Lorenzo Topello
22 maggio - 19:47 - MILANO
A un certo punto, a furia di attaccare, Arthur Rinderknech ci ha rimesso un piede: "Che idiota sono stato… Non pensavo fosse un muro, mi pareva un telone". L’ultima istantanea del suo Roland Garros è una fasciatura vistosa come la sua figuraccia: avanti 2-1 nel conto dei set contro Etcheverry, pasticcia nello scambio e tira un calcio dalle parti di un tabellone pubblicitario. Senza rendersi conto che fa male. Se ne accorge solo dopo tre game, quando sprofonda 0-5 e fatica anche a camminare. Risultato? Forfait. L’argentino, incredulo, passa il turno. Arthur Rinderknech, primo avversario di Sinner a Parigi, è così: attaccare a ogni costo. Lo ha imparato dal calcio, quando stava per diventare il suo lavoro a tempo pieno, ma anche da un maestro che è stato ex finalista Slam e dall’università americana. Al Roland Garros Jannik debutta con uno degli accademici del circuito, lo spigoloso Dottor Rinderknech.
il salto in texas
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Nel fazzoletto di Costa Azzurra in cui è cresciuto, Rinderknech alternava i calci (al pallone, mica ai muri) e i rovesci. Ha votato per i secondi verso i 13 anni, facendo però in tempo a guadagnarsi il soprannome di "attaccante gentiluomo" che nel circuito ancora gli ricordano, se capita. Perché ha fatto del tennis offensivo il suo punto di riferimento: sempre a caccia del vincente, raramente disposto a temporeggiare. Lo aiutano due fattori: il metro e 96 di altezza e un dritto tutt’altro che deprecabile, capace di aprirgli la strada come hanno fatto i genitori, gestori di un circolo in Francia e poi abili consiglieri quando si è trattato di decidere cosa fare nel post-diploma: "Prenditi una laurea negli Stati Uniti, può sempre servire. E potenzia il tuo tennis". Parole di mamma Virginie che in Costa Azzurra ogni tanto fermano per strada quando si accorgono che ha vinto un match al Roland Garros 1986. Il college in Texas è una chance ghiotta: "Volevo studiare, ma anche proseguire col tennis. E sapevo che uno come Steve Denton aveva moltissimo da insegnarmi: anche lui era molto alto e serviva potente". Ottima memoria, quella del giovane Arthur: Denton, che diventa il suo mentore negli anni dell’università, è un ex numero 12 Atp e due volte finalista Slam, all’Australian Open.
prima volta con sinner
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Definire Rinderknech non è riuscito a tutti. Probabilmente è più facile sbilanciarsi su cosa il francese non sia: non è di primo pelo (classe ’95), non ruba l’occhio per estetica (rovescio bimane come quasi tutti i colleghi, solido da fondo ma la mano non porta volentieri il bisturi), non ha esattamente bruciato le tappe. Anzi, vince il primo Challenger nel 2020, a Rennes, da numero 328 del mondo. Per la prima vittoria in un match Atp bisogna aspettare l’anno successivo, che coincide col suo primo incontro con Sinner. La superficie non fa impazzire l’altoatesino: terra rossa, siamo a Lione e manca una manciata di giorni all’avvio del Roland Garros. È un 250 che a Rinderknech serve come il pane: al torneo si presenta da numero 125 del ranking e nei suoi piani c’è un’accelerazione verso la top 100. Ha ragione lui, dopo tre set tirati per un match che dura oltre due ore e mezzo: “La vittoria più importante della carriera” esultano lui e lo staff. Nel mirino ha sempre avuto la partecipazione allo Slam di casa, il primo della sua vita tennistica. Quello che negli anni, per un motivo o per un altro, lo ha ogni volta visto protagonista: l’anno scorso non stava giocando male, prima di prendere a calci i tabelloni pubblicitari. Nel 2023 invece ha sprizzato scintille con Taylor Fritz, durante il secondo turno: l’americano ha vinto in rimonta e poi mandato dei baci provocatori al pubblico che lo aveva fischiato per tutto l’incontro. Arthur non l’ha presa con filosofia: "Cosa ti aspettavi, che tifassero contro un loro connazionale?".
mai temporeggiare
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Quando si ritirerà, per sua stessa ammissione, ripenserà con un sorriso agli anni vissuti alla Agricultural and Mechanical University che per un po’ è stata casa sua. Poi andrà a insegnare tennis in Texas: "Lì è visto come uno sport di squadra: ci sono due coach ogni dieci giocatori, e si vanno a valutare tecnica, carattere e fame di ragazzi provenienti da tutto il mondo". Come ne aveva lui, appena effettuato il check-in a stelle e strisce. Gli hanno sempre detto di attaccare e l’ha presa alla lettera, se è vero che non finisce mai un match con meno errori gratuiti dell’avversario. A Roma, due settimane fa, lo ha mandato a casa il nostro Matteo Gigante, più lucido nei due tie break. A Montecarlo invece Rinderknech dev’essersi presentato senza freni inibitori: contro Navone ha violato sistematicamente il palleggio, senza mai temporeggiare. Risultato: ko con la bellezza di 66 (sessantasei) errori gratuiti, più del triplo dell’avversario. Gentiluomo di nomea, attaccante sempre e comunque: Arthur Rinderknech difficilmente passa inosservato quando scorrono gli highlights. Sinner avrà preso nota. A proposito: il primo incrocio con il francese l’ha perso, ma nei successivi due ha passeggiato senza perdere neanche un set. Anche un Dottore, ogni tanto, può rimediare una lezione.