La comunità ebraica di Milano
quest'anno non sarà in piazza per il Pride che si terrà domani
pomeriggio, perché in dissenso sull'uso del termine genocidio
per descrivere quanto accade in Palestina. "Purtroppo quest'anno
per la prima volta nella mia vita non potrò partecipare al Pride
di Milano con i miei amici perché si autorizza l'uso di termini
che mettono a rischio di aggressioni la comunità ebraica - ha
spiegato in una nota il direttore del Museo della Brigata
ebraica di Milano Davide Romano -, ed in particolare gli ebrei
Lgbti. Sono recenti le contestazioni a Keshet Europe,
associazione che raggruppa ebrei Lgbti europei, a Roma contro
cui hanno gridato 'assassini' e 'terroristi', così come il
rifiuto alla partecipazione di Keshet Italia, sezione italiana
di Keshet Europe, con le bandiere arcobaleno con la stella
ebraica da parte del Toscana Pride".
Secondo Romano "è assurdo che proprio chi giustamente presta
molta attenzione alle parole che generano violenza, non si
preoccupi di usare un termine grave come 'genocidio' - rimarca
-. Una parola che notoriamente aizza l'antisemitismo che va a
colpire tutti i cittadini italiani di religione ebraica".
Il documento politico del Pride milanese parla infatti di
"genocidio documentato perpetrato dal governo israeliano in
Palestina".
"Sono il primo a essere solidale con tutte le vittime
innocenti di Gaza. Ma l'utilizzo del termine genocidio è
pericoloso, oltre che menzognero - conclude -. Mi spiace, non
possiamo partecipare a un Pride che fa proprio il linguaggio dei
violenti e di chi perseguita le minoranze".
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