Il fragore dei colpi di mortaio e delle esplosioni all'esterno della chiesa risuonano più volte, senza tuttavia interrompere la celebrazione.
La gente di Gaza è terrorizzata e allo stesso tempo persino abituata a convivere con la guerra.
Officia così letteralmente sotto le bombe, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che dopo l'attacco giovedì' scorso alla parrocchia della Sacra Famiglia, rifugio di una comunità cristiana palestinese dimezzatasi dal 7 Ottobre, sta compiendo proprio lì alle porte di Gaza City, una visita di solidarietà e di sostegno di tre giorni. "Non sarete dimenticati", assicura fermo dall'altare celebrando la messa domenicale mentre il rimbombo dei proiettili si sovrappone alla voce del traduttore.
Dall'inglese all'arabo, per consegnare un messaggio di speranza, e la rassicurazione che nessuno sarà abbandonato. Anche padre Gabriel Romanelli, il parroco ferito e tutti gli altri sacerdoti concelebranti, non si lasciano mai distrarre da quanto avviene all'esterno rispettando ogni passaggio del rito perché, dice significativamente Pizzaballa, "in questa distruzione la vita è ancora presente". Rivolgendosi alla comunità rifugiata, il porporato francescano di origini bergamasche che papa Francesco ha voluto cardinale, ha parlato anche della "preoccupazione" non solo per la comunità cristiana, ma per tutta la popolazione di Gaza.
E del resto, lo stesso carico di aiuti e quelli che tenterà di portare in futuro, sono distribuiti, senza distinzioni, a quante più famiglie della zona possibili. Lo dice, dal suo riposo estivo in Trentino, anche il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, commentando il fatto che papa Leone all'Angelus abbia pronunciato i nomi propri e per esteso delle tre vittime dell'attacco: "In quei nomi sono presenti tutte le vittime" di Gaza, "non c'è assolutamente distinzione tra gli uni e gli altri, tutti sono oggetto di una violenza inaccettabile, tutti sono vittime di un conflitto che deve terminare al più presto". A dare voce alle sofferenze di Gaza è ancora una volta padre Romanelli, ripresosi dopo il ferimento ad una gamba. "La situazione continua ad essere molto grave", spiega ai media vaticani, "continuiamo a pregare per la pace, a convincere il mondo che questa guerra non porterà niente di buono, quanto prima finisce sarà meglio, meglio per tutti: per la Palestina, per Israele, per tutti i cittadini".
"Nella messa del giorno del raid, nella chiesa ortodossa dove abbiamo già seppellito i morti - ha raccontato anche -, abbiamo detto la preghiera del Signore Gesù: 'Signore perdonali perché non sanno quello che fanno'. Che veramente il Signore non solo perdoni quelli, ci perdoni a noi, perdoni tutto il mondo. Giacché il perdono del Signore è fonte di grazia, di pace e di riconciliazione. Cerchiamo di convincere tutto il mondo a finire questa guerra in ordine di ricominciare a ricostruire la pace, la giustizia, la riconciliazione sia in Palestina che in Israele".
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