(di Agnese Ferrara
Come viaggia la disinformazione?
Moltiplicandosi sui social attraverso 'like', commenti e
condivisioni di post falsi da parte di chi passa troppo tempo a
'scrollare' i social con lo smartphone. Lo stress causato dalla
compromissione dell'altro tempo da dedicare ad altre attività
(nel mondo reale) sarebbe la principale causa di tale
cortocircuito, sia che si faccia in modo non intenzionale
(abboccando per primi) che apposta, con l'intento di contribuire
alla disinformazione. Ma c'è anche un secondo elemento a
contribuire al 'tilt' informativo: i social addicted arrivano
anche a sentirsi in colpa se non riescono a connettersi e
tendono a tornare online anche dopo aver provato a smettere.
Questo tipo di comportamento è anche collegato ad eventi
traumatici come la perdita del lavoro, scarsi voti scolastici e
problemi di benessere mentale. Lo dimostra un esperimento
unico nel suo genere condotto dai ricercatori della Michigan
State University che dimostra come chi vive elevati livelli di
stress a causa del troppo tempo passato sui social (cioè
compromettendo il tempo per fare le altre attività quotidiane)
sia i più propenso a credere alle fake news.
"I social media sono onnipresenti nella nostra vita quotidiana e
alcune persone ne fanno un uso eccessivo. Abbiamo scoperto che
questo uso problematico è associato a una maggiore tendenza a
credere e a interagire con la disinformazione, contribuendo così
alla sua moltiplicazione", commenta Dar Meshi, professore
associato e coautore dello studio, pubblicato recentemente sulla
rivista PLOS One.
All'esperimento hanno partecipato circa 200 persone, tra i 18 e
i 26 anni di età, a cui sono stati sottoposti dei questionari
con notizie formattate come post sui social media. Dieci delle
notizie erano vere e dieci false, e l'ordine di pubblicazione
era randomizzato. Valutando il giudizio di credibilità dei
partecipanti su questi post, le loro intenzioni di cliccare,
commentare, mettere "Mi piace" e condividere i post e il loro
grado di utilizzo problematico dei social media, è risultato
chiaramente che chi passava tanto tempo online era più propenso
a credere che le notizie false fossero vere, interagendo senza
alcun dubbio con i post indipendentemente dal fatto che fossero
reali o falsi e addirittura cliccando di più su quelli falsi.
"Le fake news sono diventate un argomento molto dibattuto e
oggetto di studio a causa della loro facilità di condivisione e
diffusione sui social media. Oltre il 60% delle persone negli
Stati Uniti legge contenuti e si informa sui social media. La
nostra indagine dimostra che il fenomeno si diffonde sui social
media a un ritmo maggiore rispetto alla diffusione delle notizie
vere, - spiegano gli autori che fanno un appello ai colossi che
detengono i principali social network. "Collaborando con le
aziende di social media si potrebbero studiare metodi per
aiutare questi utenti e limitare la loro esposizione alle fake
news e alla condivisione compulsiva".
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