Pinamonti: "Icardi e Lukaku mi hanno insegnato a fare gol, Skriniar a prendere le botte"

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Il bomber del Sassuolo: "Coi ragazzi serve equilibrio, all'estero li lanciano senza clamore mediatico. Esordii all'Inter giovanissimo, il giorno dopo pareva dovessi fare 50 gol..."

Dal nostro inviato Vincenzo Di Schiavi

14 ottobre - 08:45 - REGGIO EMILIA

Cinquantadue gol in Serie A. Tre volte in doppia cifra nelle ultime quattro stagioni. A ventisei anni Andrea Pinamonti è uno dei pilastri del Sassuolo di Fabio Grosso. L’attaccante guarda lontano. Dentro e fuori dal campo. La nascita del piccolo Adam in primis. E poi c’è un orizzonte da colorare. Magari d’azzurro. 

Partiamo dalla paternità.

“Bellissima, è stata la gioia più grande della mia vita. Non lo comprendi fin quando non la provi. Sono papà da poco più di due settimane, tutto gira intorno a lui, sento una grande responsabilità. All’inizio sei un po’ spaesato. Come un gol in finale di Champions? No, nulla è paragonabile a un’emozione del genere”. 

E se da grande volesse fare il calciatore? 

“Lascerò che faccia le sue scelte, come hanno fatto i miei genitori con me. Vorrei che facesse sport, qualsiasi disciplina, perché lo sport ti dà uno stile di vita salutare. E... no, non lo sogno calciatore. Se succede bene, altrimenti va bene lo stesso”. 

Venendo al campo. Che stagione è questa per lei? 

“Una stagione importante. Ci sarà da battagliare tutto l’anno, questo è un campionato difficile. Chi viene dalla Serie B come il Sassuolo magari può trovare qualche difficoltà in più, ma sono anche convinto che questo gruppo è pronto e carico per affrontare questa sfida così impegnativa”. 

Il Sassuolo ha fatto un mercato importante. Neopromossa sì, ma solo sulla carta... 

“Certo, è stata allestita una bella squadra, fatta da ottimi giocatori. Bisogna però calarsi nella parte, comprendere che in alcuni momenti ci sarà da soffrire per ottenere l’obiettivo finale”. 

Che è la salvezza. O qualcosa di più? 

“Intanto puntiamo a quella. Poi, una volta raggiunta la salvezza, si può pensare, guardando la classifica, a che cosa eventualmente potremmo puntare. Ma nella testa mia e di tutto il gruppo c’è l’obiettivo di rimanere in Serie A”. 

La partenza del Sassuolo è stata un po’ lenta, poi è arrivato il cambio di passo. Come se lo spiega? 

“Dovevamo trovare la chimica giusta. In squadra ci sono tanti giocatori nuovi, è normale che ci fosse bisogno di tempo per ingranare, comprendere le richieste dello staff tecnico e andare tutti dalla stessa parte. Ultimamente abbiamo cambiato ritmo e penso si sia visto”. 

La vittoria di Verona è stata una svolta? 

“Per me sì, perché su quel campo non avevo mai vinto. È stata la nostra prima vittoria in trasferta, con una diretta concorrente: sono punti pesanti”. 

Con Fabio Grosso come si trova? 

“Ho fatto con lui anche il ritiro dell’anno scorso. Questa estate abbiamo parlato tanto, mi ha spiegato cosa vuole da me, sento la sua fiducia, stiamo lavorando bene. Il mister si confronta tanto con i giocatori, è un aspetto molto importante”. 

Il tridente le semplifica la vita? 

“Di certo porta tanti benefici, anche se per un attaccante centrale non è facile da interpretare. Se non si fa un bel lavoro di squadra c’è il rischio di isolarsi troppo. Parliamo spesso con l’allenatore di come fare per restare tutti connessi. Con Berardi e Laurienté ci conosciamo da anni, andiamo d’accordo anche fuori dal campo. Dobbiamo ancora limare qualche dettaglio per rendere al massimo”.

Avere Matic è un bel vantaggio? 

“Sì, è un grande valore aggiunto. Sia tecnico, che in spogliatoio. Una guida per i più giovani e dentro al gruppo si fa sentire”. 

In estate sembrava che lei potesse lasciare il Sassuolo. È rimasto felice e convinto? 

“Sì, non ho mai detto di voler andare via. Le voci di mercato non sono le mie. Ho lavorato dall’inizio per farmi trovare pronto”. 

Ha segnato tanto in Serie A, che cosa pensa di dover fare di più per una chiamata dalla Nazionale? 

“Non saprei. Se mi guardo indietro sono soddisfatto, non era scontato arrivare a certe cifre a 26 anni. Ma so che devo crescere ancora. Devo fare di più per arrivare a togliermi qualche sfizio e qualche sassolino”. 

I giocatori italiani sono un po’ sottovalutati? 

“Non saprei. All’estero lanciano i giovani con costanza senza il clamore mediatico e le esagerazioni che ci sono da noi. Io l’ho provato sulla mia pelle. Ho esordito giovanissimo all’Inter e dopo quindici minuti sembrava dovessi già fare cinquanta gol. Bisogna dare ai giovani il tempo di sbagliare e di crescere. Certe estremizzazioni, specie da quando esistono i social, sono davvero insopportabili”. 

A proposito di Inter. Parliamo dei suoi maestri. Primo: Mauro Icardi. 

“Ha fatto tanto per me. Dentro e soprattutto fuori dal campo. A 18 anni avevo lasciato la foresteria e stavo cercando casa. Mauro mi ha ospitato e mi portava agli allenamenti perché non avevo ancora la patente. Un ragazzo di cuore, di una generosità incredibile”. 

Romelu Lukaku. 

“Insieme nell’anno dello scudetto. Altro ragazzo d’oro. Si fermava dopo gli allenamenti per darmi consigli. Io lo riempivo di domande, mi ha fatto crescere tanto”. 

Antonio Conte. 

“Fare un anno con lui è stato fondamentale per il mio percorso”. 

Lei è anche legatissimo a Skriniar. 

“Sono andato al suo matrimonio in Slovacchia, ci sentiamo ancora. Che cosa mi ha insegnato? A prendere le botte...”.

L’Inter è un capitolo chiuso per lei? 

“Non ha molto senso parlare del futuro. Mi hanno preso a quattordici anni e mi hanno portato in Serie A. Per l’Inter provo una enorme riconoscenza”. 

Il Mondiale, se l’Italia andrà, è un obiettivo? 

“Non so come catalogarlo: se definirlo un obiettivo oppure un sogno. Un calciatore non può non pensare alla propria Nazionale. Quindi ci proverò fino alla fine”. 

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