Pensare a sé stessi come “marca”, valorizzando così la propria attività con gli stessi accorgimenti che usano i brand. Dal suo osservatorio dei trend che influenzano e modificano i consumi a livello globale, FutureBrand sottolinea che “Invece di inseguire l’ennesima tecnica da guru o il consiglio motivazionale del momento, tanto vale ripartire da una delle discipline più centrali e discusse del marketing: il branding” – afferma Marco Morini, Strategy Director di FutureBrand - “Ma stavolta, con un cambio di prospettiva: applicandolo a noi stessi. Perché oggi non basta “esserci”: bisogna essere riconoscibili, credibili, memorabili. In una parola? Serve un personal brand. Viviamo in un’epoca in cui i brand fanno di tutto per sembrare più umani, empatici, autentici, trasparenti. E allora perché noi, che umani lo siamo davvero, non iniziamo a comportarci come brand? Con la stessa cura, la stessa coerenza, la stessa intenzionalità.”
Tre pilastri per un personal brand efficace:
• Fisico: le competenze, il “saper fare”.
• Carattere: valori, visione, modo di pensare.
• Stile: come ti presenti, il tono, l’estetica.
Costruire un personal brand non vuol dire mettersi in vetrina o diventare content creator a tempo pieno. Significa far emergere la propria identità professionale, in modo chiaro e coerente, in ogni contesto in cui ci giochiamo qualcosa: un colloquio, una gara, un panel, una call, un post. Ma prima ancora, serve un momento di verità, e chiedersi ‘Che cosa voglio ottenere? Più visibilità? Fare divulgazione? Essere percepito come un riferimento in un ambito specifico? Tutto parte da qui. Perché non si comunica tutto a tutti, ma il giusto alle persone giuste”.
Ecco su cosa lavorare per iniziare a costruire (sul serio) un brand personale:
· Consapevolezza: chiarite chi siete, cosa sapete fare bene e perché lo fate.
· Posizionamento: definite il vostro territorio. Di cosa volete essere esperti?
· Canali: scegliete i media giusti per gli obiettivi che vi siete dati e adattate i contenuti al formato. Meglio pochi canali curati che essere ovunque ma senza strategia.
· Rilevanza: ascoltate il mercato e trovate un punto di vista utile, originale, credibile.
· Coerenza: tono, stile, messaggi. Online e offline. Sempre.
· Relazioni: curate il vostro network come una community, non come un database.
· Ascolto e feedback: il brand non è quello che dite, ma come venite percepiti. Monitorare reazioni, percezioni e risultati è parte del lavoro.
“Non si tratta di indossare una maschera – conclude Marco Morini - ma di mettere ordine, dare voce e visibilità a ciò che siete già. Pensare a sé stessi come a un brand non è un atto di vanità. È una forma di consapevolezza. Di leadership. E anche una bella risposta al rumore che ci circonda. Perché chi ha davvero qualcosa da dire, oggi, deve anche imparare a farsi ascoltare”.
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