La pazienza è una virtù, ma anche un equilibrio da coltivare: la psicologa Rita Lombardi spiega quando è una forza consapevole e quando, invece, può diventare un limite
Daniela Cursi Masella
10 maggio - 16:33 - MILANO
Le neuroscienze sostengono che la pazienza sia cullata dalla serotonina. Questo messaggero chimico risulta fondamentale nella disponibilità a ritardare l’ottenimento di una ricompensa. Il mondo della psicologia, invece, punta il dito sulla necessità di applicare la pazienza quasi come fosse un esercizio. Scopriamo con la psicologa Rita Lombardi perché è disfunzionale avere poca pazienza così come averne troppa.
quando la pazienza è troppo poca
—
La poca pazienza si manifesta con l’incapacità di tollerare l’attesa o la frustrazione. È la reazione immediata, il bisogno impellente di risolvere, capire, ottenere o chiudere una questione. Senza appelli, senza possibilità di alternative. Perché succede? "Per insicurezza, paura del rifiuto o bisogno di controllo. L’impazienza - spiega la psicologa - nasce spesso da un vuoto interno che cerca rassicurazione attraverso risposte rapide. Ma più cerchiamo di forzare i tempi, più ci allontaniamo da una comprensione profonda di noi stessi e degli altri". L’esperta assicura che è possibile lavorarci. Quattro i consigli:
- "Imparare ad ascoltare il proprio bisogno di 'subito' e capire cosa nasconde;
- coltivare la presenza, fermandosi e respirando, per osservare senza giudizio;
- allenarsi ad accettare l’incertezza come parte naturale della vita;
- affidare al tempo il suo lavoro, senza sentire per questo una perdita di tempo".
quando la pazienza è troppa
—
Troppa pazienza può diventare rassegnazione, eccesso di tolleranza, paura di perdere qualcosa o qualcuno. Si resta in attesa di cambiamenti che non arrivano, giustificando comportamenti che feriscono o svalutano. "Si diventa pazienti per non disturbare - testimonia Rita Lombardi - per non sembrare 'troppo', per paura del conflitto. C’è spesso dietro una forma di dipendenza emotiva o bassa autostima. Si tollera l’intollerabile per il desiderio di essere amati e di sentirsi accettati con la convinzione che con il tempo tutto si aggiusterà". Come uscirne? "Osservando con realismo qualcosa che potrebbe realisticamente non arrivare e dando valore, con la voce, ai propri bisogni, senza temere di 'disturbare'. Bisogna imparare a distinguere la pazienza dalla passività che ci allontana da noi stessi. Scegliere di andarsene può essere un atto d’amore verso la nostra parte autentica". Quando il livello di sopportazione è troppo alto, il silenzio protratto a lungo conduce a una potenziale rottura senza ritorno. "Si tratta solo di rimandare nel tempo la propria reazione alle avversità. E sarà più dura di quella dell’impaziente".
l'equilibrio
—
Tra l’impulsività e la passività risuona come un rebus la parola "equilibrio". La bussola, secondo Rita Lombardi, è equidistante tra "aspettare" e "agire": "L’equilibrio richiede ascolto. La vera pazienza non è né fretta né immobilità, ma presenza consapevole. Significa accettare ciò che non puoi controllare, ma agire dove puoi fare la differenza. Vuol dire non forzare i tempi, ma nemmeno ignorare i segnali che qualcosa non va. Solo allora smette di essere un’arma a doppio taglio per diventare una virtù da coltivare".