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Il figlio di Bjorn ha vinto la prima partita a Stoccolma, 45 anni dopo l'ultima del padre. Ha l'età di Alcaraz e a inizio carriera sognava il n.1. Ma la storia è ben diversa
A un certo punto Robert Altman, un Oscar alla carriera come regista, se ne uscì così: “Se hai un figlio che è alto più di due metri, non tagliargli via la testa o le gambe. Compragli un letto più grande e spera che giochi a basket”. Ma quando scorrevano in tv i suoi film, probabilmente Bjorn Borg aveva cambiato canale: lui, al figlio Leo, non ha messo in mano la racchetta mentre dormiva. Anzi, si dice che quando il ragazzino comunicò la sua decisione di voler giocare a tennis come papà, la signora Borg scoppiò a piangere: “Ho sperato che facesse il calciatore e persino il giocatore di baseball” raccontava al New York Times, “volevo evitare i confronti con Bjorn. E invece…”. E invece Leo vede la rete come un oggetto da superare con la pallina, non da gonfiare con un pallone. Come papà. A Stoccolma ha fatto tirar fuori le polaroid: sul cemento di casa in cui lui ha vinto la sua prima partita, esattamente 45 anni fa il padre giocava (e vinceva) la sua ultima.