Paramount Global spegne 5 reti in Europa. Adnkronos Tech&Games ha raggiunto Andrea Pezzi, ex VJ e ora imprenditore, saggista e umanista, per analizzare il declino di MTV in un mondo governato dagli algoritmi e riflettere sul futuro dell'Umano nell'era dell'IA
L'era in cui tre lettere – M-T-V – definivano la coolness e la cultura giovanile globale si avvia a una definitiva conclusione. Dopo oltre quattro decenni in cui ha ridefinito la pop culture mondiale, MTV si appresta a chiudere silenziosamente alcuni dei suoi canali musicali più iconici in diverse parti del mondo, in quella che per milioni di fan appare come la fine di un'epoca.
Paramount Global, la società madre del network, ha confermato l'intenzione di dismettere cinque canali musicali con brand MTV nel Regno Unito e in diverse aree d'Europa entro il 31 dicembre 2025. Le reti interessate includono MTV Music, MTV 80s, MTV 90s, MTV Live e Club MTV, network che hanno rappresentato l'ultima vestigia della programmazione musicale non-stop del marchio.
La rivoluzione digitale e i tagli ai costi
La ragione di questa trasformazione è strutturale: Internet è diventato la nuova MTV. Con piattaforme come YouTube, TikTok e Spotify che garantiscono accesso istantaneo e on-demand ai contenuti musicali, il pubblico ha smesso di sintonizzarsi sui palinsesti tradizionali. La chiusura di questi spin-off regionali, che per ultimi hanno portato avanti il testimone della programmazione video, è un chiaro "segno dei tempi".
La decisione non è solo culturale, ma strettamente finanziaria. Fonti aziendali indicano che la mossa rientra nel piano di riduzione dei costi globali di Paramount Global, mirato a un risparmio aggressivo di 500 milioni di dollari in seguito alla fusione con Skydance Media. Il focus aziendale si sposta sul canale flagship MTV HD (che ormai trasmette prevalentemente reality show) e sul servizio di streaming Paramount+, dove il brand MTV continuerà a esistere attraverso i social media e la piattaforma digitale.
La fine di un'era: l'analisi di Andrea Pezzi
Per comprendere la portata culturale di questa chiusura, è cruciale ripercorrere l'eredità di coloro che hanno plasmato l'identità del network. Andrea Pezzi, figura iconica della televisione italiana e uno dei primi VJ italiani a trasmettere da Londra per l'Italia negli anni Novanta, ora imprenditore, saggista e ideatore e fondatore del Festival dell'Umano, ha offerto la sua prospettiva sulla fine di questo modello:
"È inevitabile. Passa il tempo e i fenomeni si esauriscono, ma la verità è che MTV non ha saputo – o forse non doveva e non poteva – aggiornarsi per diventare qualcosa di diverso da sé stessa. Questo accade spesso quando un fenomeno è profondamente radicato nel suo tempo, quasi simbolico di un’epoca: è difficile che sappia trasformarsi seguendo i tempi."

"Io credo che la fine simbolica di MTV sia stata l’undici settembre. Con l'arrivo dei primi filmati sulle Torri Gemelle – pur essendo girati da telecamere amatoriali ma con dignità televisiva – ho capito che, tra l'arrivo del Grande Fratello e l'arrivo dello user generated content, MTV doveva cambiare strada radicalmente, altrimenti era persa.
MTV rappresentava un’intera generazione. Era la finestra sulla globalizzazione che stavamo vivendo negli anni Novanta, la cui chiusura coincide ora con la chiusura della globalizzazione stessa, un fatto che trovo tristemente attuale. Era un periodo pazzesco perché c’era l'esplosione di una normalità che non aveva bisogno di essere codificata con nomi o simboli; era semplicemente normale."
L'algoritmo come gabbia anti-creativa e il rischio della decadenza
"Il problema dell'algoritmo, oggi," continua Andrea Pezzi, "è quello di presentare un sistema che replica le tue idee e i tuoi stereotipi. Non c'è più nulla che ti sorprenda o ti spinga a pensare in modo 'fuori dagli schemi' (out of the box). Il processo creativo è un gioco di spaesamento che aiuta a considerare la vita in altri termini. Questo è un processo anti-algoritmico, ed è ciò che oggi succede sempre meno, contribuendo alla decadenza culturale che stiamo vivendo."
Questa omologazione e la conseguente decadenza culturale, accelerate dalla logica algoritmica, ci spingono a interrogarci sui confini ultimi dell'essere umano. Tali dilemmi si fanno acuti di fronte alle macchine moderne: è proprio nella sfera della sopravvivenza e della coscienza che si gioca la vera differenza tra l'uomo e l'Intelligenza Artificiale. "L'istinto di sopravvivenza delle IA che cercano di replicarsi, credo sia dettato da una psicologia robotica che è tipica del genere umano: la paura della morte e la tensione verso l'immortalità, che però è un dato esistenzialmente non umano", aggiunge Andrea Pezzi. "L'uomo, invece, considera la morte come parte fondante del senso della vita, una caratteristica profondamente umana che non appartiene all'algoritmo. Il concetto più impressionante è che ci stiamo avvicinando alla fase in cui l'Intelligenza Artificiale sarà dotata di consapevolezza e volontà specifica. Per la prima volta, uno strumento inventato dall'uomo, da oggetto, sta per diventare soggetto della storia. Quando succederà," conclude il fondatore del Festival dell'Umano , " sarà una rivoluzione paragonabile all'invenzione della ruota, perché è la prima volta che un nostro strumento dialoga con noi con una specifica volontà, mettendoci in una condizione di dialettica con l'oggetto da noi inventato."