Motori a idrogeno: un’alternativa ancora valida

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Mentre proseguono le sperimentazioni con le fuel cell, c’è chi continua a puntare anche sull’utilizzo dell’idrogeno per prolungare la vita dei propulsori a combustione: una soluzione efficace soprattutto per i mezzi pesanti

Emilio Deleidi

23 agosto - 18:36 - MILANO

L’idrogeno può costituire ancora un'alternativa valida alla soluzione "solo auto elettriche" propugnata dall'Unione Europea? A giudicare da alcuni programmi in corso da parte dei grandi costruttori, la risposta può essere affermativa. Ci sono almeno due costruttori che propongono auto di serie a idrogeno, Toyota con la sua Mirai (diffusa nel mondo in oltre 27 mila esemplari) e Hyundai con la Nexo; entrambe dotate di fuel cell (che ricavano elettricità dall’idrogeno, quindi in sostanza si tratta di auto a propulsione elettrica, ma prive di grandi batterie di accumulo dell’energia), hanno autonomie comprese tra 650 e 700 km. In Italia possono per ora contare su due impianti di rifornimento, presenti a Mestre (Venezia) e Bolzano, cui presto se ne aggiungerà un terzo sulla Tangenziale Est di Milano. In teoria, il Pnrr (il Piano di finanziamenti europei stanziati dopo la pandemia del Covid) ne prevede la realizzazione di ben 36 entro il 2026, ma è facile immaginare che il programma non sarà quasi certamente rispettato (e i fondi dirottati su altri progetti). Toyota, comunque, continua a dimostrare il proprio interesse per questa soluzione, tanto da aver inaugurato, nel giugno scorso, il primo car sharing italiano di auto a idrogeno, aggiungendo alla flotta a noleggio di Kinto Share di Venezia tre delle sue Mirai.

l'alternativa a combustione

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Fin qui, tuttavia, abbiamo fatto riferimento essenzialmente a veicoli dotati di celle a combustibile alimentate a idrogeno, quindi - come si è detto - a trazione elettrica. Ma l’idrogeno può essere impiegato nel campo della mobilità anche con un’altra soluzione, ossia per alimentare i tradizionali motori a combustione interna. La soluzione, in verità, è già stata sperimentata in passato. La Bmw, che da qualche anno sta portando avanti sperimentazioni con le iX5 a fuel cell prodotte in piccola serie in uno stabilimento pilota di Monaco, già nel 2007 aveva consegnato all’allora presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni una Serie 7 con motore a 12 cilindri da 260 CV alimentato a idrogeno e benzina, con 200 chilometri di autonomia nella prima modalità e 500 nella seconda. Nel quartiere Bicocca fu anche inaugurato un impianto di rifornimento d’idrogeno, dalla vita tuttavia molto breve, e il progetto fu abbandonato dalla Casa bavarese nel giro di qualche anno, dopo la realizzazione di un centinaio di vetture. Anche oggi, però, c’è qualcuno che crede in questa soluzione e sta portando avanti delle sperimentazioni.

meglio per i camion

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Molti, tra gli addetti ai lavori, ritengono che l’utilizzo dell’idrogeno per alimentare motori termici sia in realtà più efficace per i mezzi pesanti che per le automobili. Il colosso americano Cummins (sede principale a Columbus, nell’Indiana, quasi 70 mila dipendenti, cinque settori di business che comprendono quello relativo a motori diesel, a gas, ibridi ed elettrici) ha annunciato nel marzo scorso il completamento con i propri partner tecnici del progetto, finanziato dal governo inglese, di un motore da 6,7 litri di cilindrata ad accensione comandata (quindi, non con ciclo diesel) alimentato a idrogeno, destinato a camion e autobus. Dotato di un sistema di scarico catalitico, il propulsore ha rivelato una riduzione del 99% delle emissioni di anidride carbonica e un volume ultra-basso di ossidi di azoto. A lavorare su progetti analoghi sono altri big del settore dei veicoli pesanti come Daimler, che sta sperimentando i propulsori anche al banco, Volvo Trucks (con prove previste dal 2026) e Man (con 200 esemplari destinati ai test). L’idea, del resto, è attraente, perché comporta costi molto più bassi rispetto a quelli dell’adozione delle sofisticate celle a combustibile, pur ottenendo una riduzione degli scarichi nocivi quasi pari a quella raggiungibile con la propulsione elettrica.

i veicoli speciali

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Mercedes-Benz Special Trucks, in collaborazione con l’azienda specializzata Mörtlbauer Baumaschinen Vertriebs, ha invece realizzato lo scorso anno un veicolo unico, basato sulla meccanica di un camion Unimog U430, in grado di trasportare su di un rimorchio a pianale ribassato una pesante spazzatrice cingolata, a sua volta alimentata a idrogeno. La conversione dei propulsori ha comportato l’adozione di pistoni, sistema di aspirazione e accensione modificati e ottimizzati; l’Unimog è stato dotato di quattro serbatoi ad alta pressione (700 bar), per una capacità complessiva di 13 kg di idrogeno gassoso. La potenza del motore, pari a 290 Cv (con una coppia massima di 1.000 Nm), lo rende equivalente a livello di prestazioni a un diesel da 300 CV. La spazzatrice ha imbarcato invece 14,5 kg di idrogeno alla stessa pressione, con una potenza del propulsore quasi identica a quella dell’Unimog. La sperimentazione ha permesso di verificare la validità dell’alimentazione anche per i veicoli speciali e le macchine operatrici: un settore d’impiego importante, insieme a quello dei veicoli cosiddetti “off-highway”, ossia utilizzati in campo agricolo, minerario, per movimento terra e da cantiere, che potrebbero trarre benefici importanti da questa soluzione tecnica.

tanti vantaggi

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Un camion o un veicolo speciale con motore termico (meglio se in origine diesel) alimentato a idrogeno non richiede, infatti, una riprogettazione completa; molti dei suoi componenti di base, come per esempio la trasmissione, non impongono modifiche, mentre gli adattamenti necessari al propulsore - come vedremo - sono limitati (secondo i tecnici, il 70-80% degli elementi di un motore diesel resta invariato). Continuare a produrre motori termici, anche se alimentati diversamente, permetterebbe di salvaguardare gli stabilimenti esistenti e migliaia di posti di lavoro, non solo nelle proprie fabbriche, ma anche in quelle dei fornitori di componenti: una prospettiva interessante dal punto di vista economico e sociale. Perché il sistema sia ambientalmente efficace l’idrogeno utilizzato deve essere tuttavia del (costoso) tipo “verde”, ossia prodotto con energia ricavata da fonti rinnovabili: ma questo vale anche per quello da utilizzare nei serbatoi destinati ad alimentare le fuel cell. Quanto all’autonomia, un autotreno con serbatoi di idrogeno gassoso ad alta pressione (700 bar) può percorrere almeno 600 chilometri. Un vantaggio significativo rispetto ai mezzi pesanti puramente elettrici, dotati di normali batterie ricaricabili che ancora non soddisfano pienamente le esigenze operative del settore.

gli interventi indispensabili

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Ma quali sono le principali modifiche necessarie a un motore a combustione perché possa essere alimentato a idrogeno? Se si parte da un motore diesel (ad accensione spontanea) è indispensabile trasformarlo in un propulsore ad accensione comandata, ossia dotarlo di candele che inneschino la miscela. Altri interventi significativi riguardano il sistema d’iniezione, il compressore, gli anelli di tenuta, la testata e le valvole; buona parte del motore rimane però invariata, cosa che costituisce un vantaggio importante anche in termini di disposizione degli organi meccanici nel veicolo. Un altro aspetto rilevante è quello relativo alla necessità di una ventilazione aggiuntiva del basamento del motore, che richiede una maggiore quantità di aria fresca; l’idrogeno incombusto può, infatti, trafilare nel basamento ed essendo infiammabile anche a basse concentrazioni può, con un innesco, generare una fiamma, con esiti catastrofici per il motore. Immettendo con una ventola nel basamento aria fresca presa dall’esterno si diluisce la concentrazione dell’idrogeno, riducendo questo rischio; l’aria deve però passare attraverso filtri di qualità (e ci sono aziende italiane di primissimo piano che eccellono nella loro produzione) per evitare d’introdurre nel basamento polvere, frammenti metallici o detriti dannosi. Anche il circuito della lubrificazione richiede un livello elevato di filtrazione, che non comporti perdite di pressione. Nessun problema, invece, per quanto riguarda gli scarichi: un motore a combustione a idrogeno produce come emissione vapore acqueo, nella proporzione di circa 9 kg di acqua per ogni chilogrammo di idrogeno. Qualcosa che, com’è facile immaginare, non causa nessun danno all’ambiente e all’aria che respiriamo. Le prospettive, dunque, rimangono aperte: certo è che, se si crede davvero in questa tecnologia, è necessario lavorare fin d’ora alla creazione di una rete consistente di infrastrutture per la distribuzione dell’idrogeno. Come, del resto, prevedono i piani dell’Unione europea lungo i  maggiori corridoi autostradali.

gli scettici

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In tutto questo, però, bisogna dire che ci sono anche costruttori che, una volta sperimentata la strada dell’idrogeno, si sono di recente ricreduti, dando l’alt ai progetti in corso. Stellantis, per esempio, a metà luglio ha bruscamente annunciato la decisione di interrompere il proprio programma di sviluppo di celle a combustibile e di bloccare il lancio della gamma di furgoni di medie e grandi dimensioni Pro One a idrogeno, la cui produzione in serie era prevista a partire da questa estate negli stabilimenti di Hordain, in Francia, e Gliwice, in Polonia. Una scelta dettata, secondo l’azienda, dalla limitata disponibilità di infrastrutture di rifornimento, dai costi elevati e dalle necessità di maggiori incentivi pubblici all’acquisto, requisiti ritenuti indispensabili per la creazione di un mercato per questi veicoli entro la fine del decennio. Non sono andate meglio le cose per Hyvia, la joint-venture tra la Renault e il produttore americano di fuel cell Plug Power, posta in liquidazione nel febbraio scorso da un tribunale francese, in assenza di potenziali compratori; partita nel 2021, l’iniziativa aveva lo scopo di sviluppare furgoni con celle a combustibile, basati sul modello Master del costruttore francese, e di produrli nello stabilimento di Flins. Poco tempo prima, in verità, Luca de Meo, all’epoca ancora al timone del gruppo Renault, si era dichiarato scettico a proposito delle possibili vendite, oltretutto in perdita, di veicoli a idrogeno, il cui mercato si stava rivelando inconsistente. Decisioni, però, entrambe forse dettate anche dalla necessità attuale di ridurre i costi e concentrare gli investimenti sui segmenti più produttivi, in un momento di grandi difficoltà commerciali per l’intero settore automotive.

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