Il tonno rosso detossifica il mercurio attraverso la milza: vediamo cosa significa per chi lo mangia secondo uno studio
Eugenio Spagnuolo
13 ottobre - 11:58 - MILANO
Da anni ci sentiamo ripetere che il pesce, soprattutto i grandi predatori come il tonno, va mangiato con parsimonia per il mercurio che contiene. Il metallo tossico finisce negli oceani da vulcani, incendi forestali, centrali a carbone, miniere d'oro e roghi industriali; i batteri lo convertono in metilmercurio, la forma più pericolosa, che poi si accumula lungo la catena alimentare. E siccome il tonno è in cima alla piramide e si nutre di tanti pesci piccoli già contaminati, nel suo corpo la concentrazione sale parecchio. Fin qui niente di nuovo. Ma adesso un gruppo di ricercatori del Sincrotrone Europeo, del Cnrs francese, dell'École Normale Supérieure di Lione e dell'Istituto di ricerca marina norvegese ha scoperto qualcosa di sorprendente: il tonno rosso dell'Atlantico è capace di trasformare il mercurio tossico in composti stabili e molto meno dannosi. E lo fa soprattutto nella milza, non nel fegato come fanno le balene e gli uccelli marini.
tonno e mercurio: lo studio
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Lo studio, pubblicato su Environmental Science & Technology, ha utilizzato i potenti raggi X del Sincrotrone per tracciare il percorso del mercurio dentro il pesce. Protagonista del processo di detossificazione è il selenio, nutriente essenziale presente nell'acqua di mare, che lega il mercurio formando complessi stabili di mercurio-selenio, molto meno tossici o addirittura inerti. "Nel valutare il livello di tossicità, dovremmo misurare la concentrazione di metilmercurio, cosa che oggi si può fare di routine, invece che il mercurio totale" spiega Alain Manceau, ricercatore emerito del Cnrs e autore dello studio. "Altrimenti includiamo forme di mercurio che a volte sono presenti nel pesce, ma che sono innocue per il corpo umano". Nel muscolo commestibile del tonno rosso, fino a un quarto del mercurio si trova già in queste forme meno pericolose. E nel pesce spada la proporzione arriva al 90 per cento.
è la dose che fa la differenza
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Prima di trarne conclusioni affrettate, però, serve chiarezza: la ricerca si è concentrata solo su esemplari grandi di tonno rosso dell'Atlantico, predatori di alto livello trofico che possono pesare fino a 300 chili. I risultati non si applicano ad altre specie né ai tonni più piccoli, come quello bianco o il listado che finisce nelle scatolette, molto meno contaminati. "È difficile ottenere esemplari di queste dimensioni, ma essendo predatori di alto livello trofico, costituiscono organismi modello chiave per lo studio" dice Martin Wiech, scienziato dell'Istituto norvegese. E soprattutto lo studio non indica quali quantità di consumo siano sicure: nel muscolo c'è ancora metilmercurio tossico, e il rischio dipende da quanto se ne mangia e con quale frequenza. Insomma, la scoperta non è un lasciapassare per abbuffarsi di tonno rosso senza pensieri, ma suggerisce che dovremmo misurare con più precisione quale mercurio c'è davvero nei pesci che mangiamo, distinguendo quello pericoloso da quello già neutralizzato dall'animale stesso.