Manovra, aiuto al ceto medio con il taglio dell'Irpef

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La riduzione dell'Irpef per il ceto medio rimane al primo punto. Ma tra i capitoli di rilievo nell'agenda della prossima manovra economica ci saranno anche interventi sul lavoro e sulle pensioni. A cominciare dal blocco, oramai dato per scontato, degli ulteriori tre mesi che saranno necessari dal 2017 per andare in pensione.

Un blocco che inizialmente avrà un costo limitato ma che - a giudicare dai calcoli degli esperti - avrà a regime un peso sui conti pubblici pari a 3 miliardi di euro. La caccia alle risorse è quindi cominciata. Certo ci sono i tagli di una spending review sempre possibile, ma rimane nel mirino di una parte del governo anche un nuovo contributo da parte del sistema bancario. I conti, sulle risorse che è possibile mettere sul tavolo, si faranno a settembre, verificando le entate e l'impatto sull'economia del tira e molla legato ai dazi.

E' già chiaro che serviranno molti fondi. A partire dall'Irpef e dalle pensioni. L'attenzione al 'ceto medio', che fa parte delle promesse indicate dalla premier già al termine della scorsa manovra costa circa 4 miliardi e viene considerato ora una priorità anche dalla Lega, che però vuole affiancarci anche una nuova rottamazione, la quinquies: per "le cartelle esattoriali - dice il leader del partito Matteo Salvini - che tengono in ostaggio milioni di lavoratori e lavoratrici italiani". Sul ceto medio l'intervento ipotizzato prevede la riduzione dal 35 al 33% dell'aliquota che ora va dai 30.000 ai 50.000 euro, estendendola fino a quota 60.000. Il risparmio per un singolo contribuente - ha calcolato la Fondazione Nazionale dei commercialisti - potrebbe partire dai 257 euro per arrivare ai 627 euro.

Ma per rafforzare i redditi ci sono sul tappeto anche diverse proposte che riguardano i salari e dividono un po' la maggioranza. Si va dalla flat tax per gli aumenti legati ai contratti di secondo livello fino alla proposta di spingere l'acceleratore sui rinnovi contrattuali facendo scattare gli aumenti in base all'inflazione dopo un certo periodo di vacanza contrattuale. C'è poi il capitolo pensioni, che non prevede solo lo stop ai tre mesi di lavoro in più dovuto all'aumento delle aspettative di vita, stop dato per scontato per il quale però bisognerà trovare risorse dal 2027 in poi. Ci sono infatti da finanziare gli aumenti delle pensioni dovuti all'inflazione (viaggia sull'1,7% nel 2025), sui quali il governo ha sempre messo qualche paletto e sui quali la Consulta è stata recentemente chiamata a esprimersi nuovamente. Per non parlare di interventi di uscita a 64 anni, che anche in regime totalmente contributivo hanno un costo. Le risorse? Il buon andamento dei conti può aiutare e certo una costante manutenzione della spesa consente ricavi. Ma nel mirino rimangono anche le banche. "Dei soggetti economici che, lo scorso anno, hanno guadagnato 46 miliardi di euro, un contributo alla crescita del Paese e alle famiglie lo possono dare", ribadisce Salvini. Il nodo è che la scorsa manovra su banche e assicurazioni ha già bloccato per due anni, quindi anche sul 2026, i benefici delle tasse differite. C'è però un altro capitolo, che le riguarda. E' una quota di reddito che gli istituti possono compensare con perdite pregresse, ridotta per il 2025 al 65% e che nel 2026 le banche potranno recuperare che vale 1,2 miliardi. Sul fronte delle imprese si pensa poi di rifinanziare l'Ires premiale, voluta da Confindustria, introdotta con l'ultima manovra ma sperimentata solo per quest'anno: prevede taglio dell'aliquota dal 24 al 20% per le imprese che investono e assumono. Per le imprese - ha rivelato il ministro delle Imprese Adolfo Urso - si sta ipotizzando anche una misura unica che metta a sistema Transizione 4.0 e 5.0 - che non hanno funzionato appieno - con la possibilità se si ricorre a risorse nazionali di introdurre procedure più semplici e immediate.

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