La Ferrari, ma non solo, nel documentario dedicato all’ex presidente: "L’accordo con Ayrton prima dell’incidente, una F40 per il tenore"
Cè una antica quercia davanti alla villa a Bologna di Luca di Montezemolo, a cui Alex, il bovaro del Bernese, fa una guardia sonnacchiosa. È lì da 300 anni, una forte nevicata l’ha spezzata in due. La cosa più pratica sarebbe stata abbatterla, invece è stata ricostruita, rimessa assieme con speciali tiranti e ora è di nuovo lì, pronta per altri 500 anni. C’è questa cura estrema dei dettagli, che rifugge le vie più semplici, unisce la ricerca della bellezza, l’amore per la tradizione e la propria terra (in una personale chiusura del cerchio che rimanda l’immagine di un inedito Montezemolo agricoltore, «come era nell’anima mio padre», e con il figlio Lupo che si occupa degli animali) a fare da filigrana a «Luca seeing red», il docu-film presentato a Milano in anteprima (registi Christopher M. Armstrong e Manish Pandey) sulla vita di Montezemolo.
Passione Ferrari
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Il filo rosso che tutto lega non può che essere la Ferrari, con i suoi 19 titoli vinti e le immagini d’epoca sono perfette per emozionare: la chiamata da assistente del Drake a soli 28 anni, il Mondiale (e l’amicizia) con Niki Lauda nel ‘75, la volta che venne travolto da Ronnie Peterson ai box, («e mi ruppi un braccio e una gamba, avevo un male terribile e Lauda si arrabbiò perché non gli avevo più dato comunicazioni in gara, lo mandai aff...»), il ritorno da presidente negli anni bui della Ferrari («la 348 era una macchina che faceva schifo»), la ricostruzione, gli anni di Schumacher, «che era più fragile di come si pensasse», e fa una certa impressione vedere la poltrona della villa di Bologna e sentire dire «era lì che era seduto Senna il mercoledì prima di quella domenica tragica. Eravamo d’accordo: si sarebbe liberato dalla Williams e sarebbe venuto in Ferrari».
Pavarotti&co
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Ma nella lunga chiacchierata con Chris Harris, ex conduttore di Top Gear (in Inghilterra una celebrità), che avviene nei luoghi del cuore di Montezemolo dalla bellezza mozzafiato (la casa di Bologna, il ranch, le vie di Roma percorse in 500 «Rosso corsa», Villa Adriana con le Ferrari schierate), si dipana una vita straordinaria che ha tanto inciso nella storia del Paese: da Azzurra ai Mondiali del ‘90 che si chiudono con l’evento dei tre tenori («convinsi Luciano Pavarotti, facendogli avere la F40 in tempo breve... credo non ci sia mai salito»), da Italo al periodo, all’inizio di nuovo drammatico, da presidente Fiat dopo la morte di Agnelli, i primi anni con Marchionne («lo scelsi io») fino al licenziamento, e il modo ancor l’offende (il presidente Elkann non ha consentito di girare neanche una scena del film a Maranello). Sono 108’ che scorrono più veloci di un GP. A guidare, la passione.