Linkin Park tra passato e presente, il ritorno in Italia l’inizio di una nuova era

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Immaginare i Linkin Park senza Chester Bennington sembrava impossibile. Nel 2017, dopo la tragica scomparsa del frontman, vittima della sua depressione, la band si era chiusa nel silenzio. Sospesa, con un grande punto interrogativo come unica eredità per il futuro. Forse nessuno ci avrebbe scommesso, ma eccoli di nuovo, più vivi che mai. Il ritorno, ieri martedì 24 giugno, sul palco degli I-Days di Milano (preparato dalla band heavy metal canadese SpiritBox, dalla band alt-rock emo Jimmy Eat World e dal rapper e produttore di New York JpegMafia) è tutto fuorché un un’operazione nostalgia. È un capolavoro che regala emozioni e spettacolo ai 78mila presenti, onorando il sold out dell’Ippodromo.

La band è accolta da un countdown da brividi, accompagnato da un tramonto che anticipa la magia della serata. Il cambiamento più evidente è sul palco. Emily Armstrong è una stella che brilla, capace di tenere testa all’eredità pesante di Chester con una presenza magnifica. Niente imitazioni, nessun tentativo di emulazione: Emily porta con sé un’energia nuova, che si incastra alla perfezione con la potenza lirica e musicale di Mike Shinoda. Alla batteria, Colin Brittain, musicista e produttore noto nell’ambiente alternative, macina rullate su rullate, dando nuova linfa alla macchina ritmica della band.

Dopo alcuni album non proprio riusciti la carriera dei Linkin Park sembrava in discesa. E invece, con una mossa a sorpresa, la band californiana è tornata in pista il 15 novembre scorso con il nuovo album ‘From Zero’, degno dei tempi d’oro. Un lavoro dal suono pulito, finito in testa alle classifiche, che ha inaugurato una nuova era per la band di Shinoda e soci, inglobando sentimenti di angoscia e rabbia, energia esplosiva e melodie taglienti, tutti tratti distintivi del suono inimitabile dei Linkin Park.

Brani potenti e grintosi, che crescono ascolto dopo ascolto, grazie anche alla precisione e all'estensione vocale di Emily Armstrong, capace di scavare nelle paure e nelle complessità dell'animo umano. Tra i fan italiani c’era preoccupazione, visto che la band aveva annullato la data di Berna per problemi di salute della cantante. Sul palco milanese, Emily è apparsa invece in gran forma.

Linkin Park, show a Milano

Show diviso in quattro atti più encore. Si parte in quarta con ‘Somewhere I Belong’, da ‘Meteora’ del 2003, una dichiarazione di intenti nel suo mix inconfondibile di chitarre affilate e atmosfere cupe perfetto per creare un il ponte tra passato e presente. E non a caso, con ‘Cut the Bridge’, brano tratto dal recente ‘From Zero’, arriva subito la prima scossa. Emily è a suo agio nel raccogliere l’eredità di Chester e con ‘The Emptiness Machine’ la band mette in mostra la vena sperimentale della nuova era. Non mancano brani come ‘Burn It Down’ con le sue influenze electro e ritmi più serrati e ‘Up From The Bottom’. Shinoda domina il palco, incita, crea empatia e regala come al solito scene da cartolina. Come quando scende tra i fan, li abbraccia uno per uno e si ferma da una ragazza per farle realizzare il sogno di una vita. “What’s your name?” chiede. “Giada” la risposta, con una voce spaccata dall’emozione. Mike le regala il cappello, le accarezza il volto e torna allo show. “Thank you so much. Let’s go” il messaggio recapitato con il pollice alto alla folla che urla “Linkin Park”, prima dello spettacolo del gran finale. Qui la band non si risparmia: ‘Overflow’ e ‘Numb’ sono la sintesi perfetta di passato, presente e futuro mentre le prime note di ‘In the End’ incantano l’Ippodromo. Si chiude con un mix di passato e presente come ‘Papercut’, brano manifesto di ‘Hybrid Theory’, con il suo ritmo serrato e strofe rappate e scratch. E poi ‘Bleed It Out’, una delle canzoni più famose dell'album ‘Minutes to Midnight’, che affronta il tema della lotta contro le avversità e la resilienza di fronte alle difficoltà.

Verrebbe da dire che questa battaglia contro le avversità del passato i Linkin Park l’abbiano vinta. A testa alta. Hanno accettato il dolore, la perdita, la propria storia. Emily Armstrong alla voce è fenomenale. I quasi 80mila presenti all’Ippodromo la acclamano e lei cerca il pubblico, che a un certo punto addirittura interrompe il concerto per cantarle “Sei bellissima”. Shinoda annuisce, lei un po’ si imbarazza e poi ringrazia, disegnando un cuore con le mani. Il ritorno dei Linkin Park in Italia mette da parte la nostalgia, anzi fa rima con magia. La band californiana dimostra di avere ancora tanto da dire, con un’energia intatta. Così come appare immutato il loro suono. Le parti vocali di Mike Shinoda si fondono con la voce graffiante e dirompente di Emily, che non prova mai a imitare Chester. Non ce n’è bisogno. Ha uno stile tutto suo, sa entrare nelle emozioni, animarle e dar loro una voce. A prescindere dalle polemiche iniziali che hanno accompagnato il suo ingresso nel gruppo, oggi è chiaro a tutti: sarebbe stato impossibile trovare un’alternativa migliore. Per i Linkin Park, il futuro è oggi. Ed è scintillante. (di Michele Antonelli)

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