Fu per primo il settimanale americano Time ad identificare, nel 1982, i codici dello stile di Giorgio Armani, scomparso oggi all'età di 91 anni. 'Giorgio's gorgeous style' titolava la copertina del magazine che lo incoronò come stilista più innovativo del momento, due anni dopo l'uscita del film American Gigolò con Richard Gere, vestito (ovviamente) con i completi maschili destrutturati di un giovane creativo italiano. Erano i primi passaggi di uno stile 'armaniano' che nel tempo si è andato pian piano a definire e concretizzare come rivoluzionario nella sua purezza, sobrietà, eleganza. Una rivoluzione che è partita soprattutto dalla concezione della giacca destrutturata, sia per l'uomo che per la donna, su cui Armani ha costruito un mondo: modellistica precisa, taglio impeccabile, tessuti di qualità come lana, shantung di seta, velluto.
È grazie ai suoi completi che negli anni Ottanta e Novanta le donne si sentivano a loro agio a fare carriera e muoversi nelle stanze del potere. Allo stesso tempo gli uomini indossavano abiti sartoriali che permettevano loro di esprimere una certa sensualità, grazie all'uso di tessuti morbidi (spesso rubati all'universo femminile), al contrario di come facevano all'epoca i sarti di Savile Row, a Londra, con il loro tailoring impostato e rigido, quasi un'armatura.
Giorgio Armani è considerato lo stilista che ha modificato le regole della moda, parlando di fluidità molto prima di tanti altri creativi. ''Spesso ci dimentichiamo la rivoluzione di Giorgio Armani, ed è il fatto che lui abbia creato abiti per gli uomini e le donne della contemporaneità. Ricordiamo quello che lui ha creato alla fine delle conquiste femministe, come il divorzio, l'aborto: ha creato la divisa della donna che lavora, una divisa che non era mortificatrice del corpo'', spiega all'ANSA Maria Luisa Frisa, teorica della moda, curatrice, docente. Parliamo delle iconiche giacche con le spalle imbottite, i pantaloni morbidi dal taglio fluido e le camicette di seta: una dichiarazione di potere. Un look che dava alle donne quella che Frisa definisce ''una qualità di presenza'': indossando quegli abiti passavano da essere segretaria e assistente ad amministratore delegato. All'epoca, ad esempio, vestiva sempre Armani Marisa Bellisario, primadonna dell'informatica, amministratore delegato di una importante società. Allo stesso modo Armani ammorbidì la giacca maschile, togliendo le imbottiture. ''Oggi parliamo di fluidità e di genere, lui ha creato l'abito per l'uomo che affermava la sua sensualità. - continua Frisa - Destrutturò la giacca maschile che non era più un involucro rigido che ingabbia.'' Tanto ha poi lavorato sulla concezione del collo della giacca, per dare una connotazione forte al capo, e sui drappeggi - ancora oggi caratteristica distintiva. C'è poi il color Armani, il suo 'greige', una fusione di grigio e beige, quasi da subito divenuto iconico, una tonalità calda, sobria, mai scontata, sofisticata. Insomma una rivoluzione su tanti fronti che è valsa a Re Giorgio la creazione di un aggettivo che identifica i suoi codici di stile: 'armaniano'.
È un modo di vestire con rigore, qualità e precisione, mai noioso, chiaramente visibile anche nelle collezioni haute couture della linea Privè. ''Uno stile sobrio ed elegante che ridefinisce il concetto di lusso, con linee pulite, colori neutri e tessuti pregiati. - spiega all'ANSA Vanessa Gavioli, curatrice del Museo della moda e del costume di Palazzo Pitti a Firenze, che custodisce diversi pezzi di alta moda Armani - Quando si usavano tessuti sintetici, lui andava nella direzione opposta con tessuti di qualità. Pensiamo anche alla sua idea dell'abito come concetto di arti decorative, con ricami preziosi di paillettes, strass, perline''.
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