La Lega - e in particolare quella dei governatori del nord - non demorde sul terzo mandato. E si prepara ad affrontare, con Massimiliano Fedriga, il 'match' con la premier Giorgia Meloni. il presidente del Friuli Venezia Giulia la incontrerà a Palazzo Chigi, per recuperare il confronto saltato a Venezia per la febbre della leader.
Il leghista proverà a sbloccare la crisi della sua Giunta, in standby da domenica dopo il ritiro delle deleghe degli assessori della Lega e di Forza Italia. Fedriga ha annullato ogni impegno istituzionale, tra le proteste delle opposizioni che chiedono che riferisca in Consiglio. Al momento sembra più remota l'opzione di una sfiducia, più probabile un rimpasto di giunta per sanare la crepa. Ma all'orizzonte resta il nodo, più intricato, del divieto di mandati per i governatori che di certo non va giù a Luca Zaia, doge del Veneto. Ma nemmeno a Maurizio Fugatti: in serata il presidente della Provincia autonoma di Trento, con un decreto, redistribuisce le competenze fra gli assessori e toglie le deleghe a Francesca Gerosa di Fratelli d'Italia, che era sua vice e assessora.
Continua, invece, a ridimensionare Matteo Salvini. "Se il centrodestra ci darà ragione, sarò contento perché bisognerà fare in modo che siano i cittadini a scegliere", si limita a dire a Foggia, una delle tappe dei suoi impegni da ministro delle Infrastrutture. Non a caso, incalzato dai giornalisti, aggiunge: "Le mie giornate sono piene di altro". Parole da cui affiora l'equilibrismo nei rapporti con gli alleati. Consapevole che sia difficile strappare qualcosa, dopo che il governo ha impugnato alla Consulta la legge trentina sul terzo mandato, con il no della Lega. E sapendo benissimo che gli alleati sono molto meno sensibili alla questione.
La più definitiva appare Forza Italia: è discorso chiuso, dice tra le righe il portavoce azzurro Raffaele Nevi. "Non ci sono cambiamenti per quanto ci riguarda", convinto che il limite dei due mandati "per tutte le regioni, anche a statuto speciale", serva. Il forzista risponde così, indirettamente, alla sponda tentata da Fratelli d'Italia (in attesa della decisione della Corte costituzionale che si può immaginare arriverà non prima di settembre e forse anche oltre) e all'apertura più esplicita fatta dal ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Conferma che "è una discussione legittima che andrà composta in sede politica" e ricorda che c'è stata "l'ampia disponibilità di tutti a separare la questione tecnico- giuridica" da una riflessione più ampia e politica. D'accordo il presidente del Senato, Ignazio La Russa: "Io non sono contrario in assoluto e anche nel caso specifico, penso che una riflessione sia solo positiva", è il commento misurato del 'colonnello' di FdI.
Ma che il tema vero, più del Friuli, sia il Veneto non è un mistero, soprattutto perché nella terra saldamente in mano a Zaia si voterà in autunno. Proprio lì la base leghista è più in fermento: oltre alla sorte del Doge, preoccupa il rischio (concreto) che non ci sia un altro leghista in corsa, bensì un candidato di FdI. Con l'effetto, quindi, di perdere il timone della roccaforte veneta (e i consensi al partito di Salvini), e ipotecare la guida della Lombardia e del Friuli, anche se nel più lontano 2028. Ma nonostante il largo anticipo, è proprio il governatore leghista, Attilio Fontana, ad ammettere oggi: "Un terzo mandato in Lombardia è una delle ipotesi che sicuramente prenderei in considerazione".
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