La Juve di Sarri vinse lo scudetto, ora non esiste più. Sono rimasti solo in due... e mezzo

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Rugani e Pinsoglio sono i soli nell'attuale rosa di Tudor che c'erano anche quando l'attuale tecnico della Lazio guidò i bianconeri al titolo. Perin invece andò via a gennaio...

Matteo Nava

Giornalista

25 ottobre - 11:21 - MILANO

Guardi gli scatti della formazione tipo, schierata davanti al fotografo di turno, e ti senti già in famiglia a guardare i filmini del battesimo di qualche nipote ormai cresciutissimo. I ricordi impolverati, in bianco e nero, risalgono però soltanto a cinque anni fa abbondanti, a quando alla Juventus l’allenatore era Maurizio Sarri. Lo stesso tecnico che domani sera farà gli onori di casa alla Signora dalla panchina della Lazio, nell’estate del 2020 alzava al cielo il trofeo dello scudetto con una squadra dominante, di grandissima qualità ed estremamente profonda. Oggi, Anno Domini 2025, di quella corazzata capace di vincere il nono scudetto juventino consecutivo, ormai sono rimaste soltanto due tracce e mezzo.

chi c'era

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In una stagione aperta con il tricolore sul petto per l’ottava volta di fila e conclusa negli stadi a porte chiuse con il mondo stravolto dalla pandemia di coronavirus, la Juventus riuscì a continuare a vincere in Italia nonostante un principio di rivoluzione nella filosofia, con la scelta di un allenatore più “giochista” del pragmatico e poco spettacolare Massimiliano Allegri. Se di quella squadra restano oggi in rosa Daniele Rugani e il terzo portiere Carlo Pinsoglio più Mattia Perin, che però lascio Torino in prestito a metà stagione (andò al Genoa), le Polaroid di quell’annata sono una sfilata di campioni esperti con cui la Signora avrebbe voluto puntare l’Europa. Davanti, per esempio: Cristiano Ronaldo su tutti, ma anche Gonzalo Higuain e Paulo Dybala. A inizio stagione la società si svenò per acquistare il giovanissimo talento Matthijs De Ligt dall’Ajax e firmò a parametro zero Adrien Rabiot e Aaron Ramsey oltre ad accogliere Danilo in uno scambio (più conguaglio) con il Manchester City per Joao Cancelo. In più, il ritorno a sorpresa di Gianluigi Buffon dopo una stagione al Paris Saint-Germain.

Juventus' Italian head coach Maurizio Sarri holds the Champion's trophy at the end of the Italian Serie A football match Juventus vs Roma on August 1, 2020 at the Allianz stadium in Turin, Italy. (Photo by Isabella BONOTTO / AFP)

che incrocio

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Non fu una stagione trionfale, certo, perché nello spogliatoio a metà stagione si ruppe qualcosa e perché sul campo svanirono all’ultimo passo la Supercoppa Italiana contro la Lazio e la Coppa Italia contro il Napoli. Nella Champions League giocata ad agosto, una volta terminati i campionati nazionali, bastò un gol incassato all’Allianz Stadium dall’Olympique Lione per promuovere i francesi ai quarti di finale con l’ormai abolita regola delle reti in trasferta. Gradualmente, ora, di quella squadra non è più rimasto nulla. Giorgio Chiellini (infortunato per quasi tutta la stagione) è oggi in società e fino al pre-Cristiano Giuntoli qualche reduce era rimasto: Danilo, Alex Sandro e Wojciech Szczesny, per esempio, oggi tutti impegnati altrove. Si è ritirato Leonardo Bonucci che cresce come tecnico nello staff della Nazionale italiana di Gennaro Gattuso, mentre gli altri pilastri di quella squadra sono sparsi qua e là nel mondo, tra chi ancora gioca e chi invece ha appeso gli scarpini al chiodo. Si trattava di una squadra dal dna vincente, con ambizioni altissime che le hanno un po’ bruciato le ali, come testimoniano le peripezie degli anni successivi. Quella che domani sera ritroverà Sarri è invece una realtà diversa, stravolta e ridimensionata perché diretta verso la sostenibilità economica, ma sostenuta da una tifoseria che a quegli anni guarda con amara nostalgia. Quella di Igor Tudor è una squadra estremamente più giovane, a ricerca di stabilità e non di estro, che i trofei li immagina nel prossimo futuro e da qualche anno non li ha caldi in bacheca. Dopo tutto la Juventus di Sarri fu l’ultima a imporsi in Italia, prima delle gestioni di Andrea Pirlo, dell’Allegri-bis e di Thiago Motta. Rugani, Pinsoglio e Perin, più Chiellini, possono ricordare oggi ai compagni cosa voleva dire giocare alla Juve nell’era del Covid: personalità, fatica e soprattutto vittorie, la bussola di tutto. Da ritrovare.

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