Jacobs è tornato: "Flop e infortuni sono alle spalle. Punto tutto sui Mondiali di Tokyo"

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Lo sprinter azzurro ha risolto i problemi fisici a casa sua, a Desenzano. E ora Marcell guarda alla manifestazione iridata: "Il vero ostacolo sarà la semifinale"

dal nostro inviato Andrea Buongiovanni

30 luglio - 08:28 - DESENZANO DEL GARDA (BRESCIA)

Ritorno alle origini: al campo Tre Stelle di Desenzano, Marcell Jacobs si è plasmato, come atleta e come uomo. Fino al 2015, questo è stato il suo rifugio. Poi Gorizia. Poi Roma. Poi Jacksonville. Dieci anni dopo, è di nuovo qui, davanti a un piatto di pollo alla griglia e a un’insalata mista. Nel mezzo la gloria olimpica e la pista dell’impianto rimessa a nuovo un paio di stagioni fa, anche sotto l’impulso dei suoi trionfi. Ora c’è da salvare una stagione sin qui travagliata, c’è da provare a brillare ai Mondiali di Tokyo. 

Marcell, Desenzano a vita? 

"No, no: mia moglie e i nostri figli già giovedì torneranno in Florida. L’11 agosto riprenderanno le scuole. Io li raggiungerò a Mondiali conclusi e lì rimarremo. C’è anche l’idea di aprire un fast food in zona spiaggia con prodotti italiani, pasta e dintorni". 

Perché allora, anche se la Fidal l’ha invitata a Roma per curarsi, è qui da oltre 40 giorni? 

"Cercavo una base estiva e le condizioni sono ideali. Questa, poi, a prescindere, è casa. C’è anche Jeremy, il mio primo figlio. E il progetto dell’Academy e dello Sports Center che portano il mio nome mi coinvolge molto. Anche in prospettiva". 

Come sta andando? 

"Siamo in continua espansione: da poco abbiamo trasformato un capannone in uno spazio attrezzato per allenarsi, con macchinari vari e due vasche per crioterapia. Lunedì, per la prima volta, ho fatto da allenatore a un gruppo di ragazzi dei corsi". 

Si è divertito? 

"È stato tutto molto spontaneo, è bello dare consigli. Abbiamo fatto un riscaldamento, andature, allunghi, alcuni esercizi mirati e un circuito in palestra. Nei prossimi giorni ripeteremo l’esperienza, ma non diventerà una mia professione. Anche se il tutto va pensato nel lungo periodo". 

Quanto è cambiato l’ambiente in dieci anni? 

"Non molto: i volti sono gli stessi. A partire da quello di Gianni Lombardi, mio coach dal 2010 al 2015, dai 14 ai 19 anni. Fu lui a farmi saltare per la prima volta oltre gli 8 metri in lungo. Ora segue alcuni ragazzi dell’Academy". 

Come ha lavorato in questo periodo? 

"Il flop di Turku di metà giugno mi ha sorpreso solo in parte. Il recupero dall’infortunio di marzo è stato lungo, certe tensioni all’adduttore e allo psoas non mi avevano permesso di lavorare sulla resistenza alla velocità. Ai 40 i fastidi riaffioravano". 

Li ha superati? 

"Dopo la gara sono stato a Monaco di Baviera dal dottor Müller-Wohlfahrt: tutto nasceva dal solito blocco alla schiena. Mi ha trattato e, pur vivendo ancora tra alti e bassi, la situazione s’è risolta". 

E a quel punto? 

"Mi sono rimesso al lavoro, rinunciando anche a gare programmate. Ma in questa stagione, a standard iridato acquisito, conta solo Tokyo, dove l’ostacolo più alto sarà la semifinale". 

L’hanno infastidita certi commenti social sulle sue assenze? 

"C’è stato un periodo in cui ne soffrivo, ora vado per la mia strada. Tanto qualche leone da tastiera ci sarà sempre". 

Preoccupa però il fatto che si stia allenando da... autodidatta: dov’è coach Rana Reider? 

"In Cina per problemi personali. Potrebbe arrivare presto a Desenzano. Altrimenti ci ritroveremo direttamente a Tokyo a fine agosto col resto del gruppo. Deve decidere se sfruttare quanto propone Sani Brown, cioè uno stage a Miyazaki o una soluzione diversa". 

Vi sentite in questo periodo? 

"In video call, tutti i giorni: suggerisce e, nel caso, modifica i programmi. Andrea Caiaffa, che è sempre con me, mi fa eseguire quanto stabilisce, gli invia immagini e si confronta. Usiamo le fotocellule, lavoriamo col 1080, elaboriamo dati. La sua, sfruttando la mia esperienza, è un’assenza-presenza. L’importante è che ci sia sotto i Mondiali". 

Non le manca il “gruppo”? 

"Quello sì, trovo chi fa riscaldamento con me, per esempio Alessandro Monte che mi fa anche da fisioterapista. Ma poi sui blocchi o in pista, in effetti, avrei bisogno di qualche compagno. Resistenza e intensità, comunque, adesso sono a buoni livelli". 

Quali sono, dunque, i programmi? 

"Il 20 agosto sarò in Diamond League a Losanna, ma tornerò già qualche giorno prima, anche se manca l’ufficialità. E in vista della partenza per il Giappone, o subito dopo, vorrei fare un altro test sulla falsariga di quello dello scorso anno a Rieti". 

È preoccupato per la staffetta? 

"Non vorrei essere nei panni del professor Di Mulo, il tecnico di settore: io, Patta, Melluzzo, Ali... Quanti acciacchi: l’unico che va forte è Desalu".

Che effetto le farà tornare nello stadio di Tokyo? 

"Sarà diverso da allora, pieno di pubblico, ma molto emozionante. Per non essere sopraffatto dai ricordi, andrò a farci un giro ben prima... È bello pensare che la svolta azzurra, fino al doppio successo agli Europei a squadre, sia cominciata lì". 

Cosa pensa di Kelly Doualla? 

"Non l’ho mai vista dal vivo, ma mi impressiona: dovrà crescere nel modo giusto, divertirsi sempre, stare in salute e, soprattutto, non avere fretta".

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