C'è molto di Conte in questo scudetto, ma anche De Laurentiis ha saputo lasciare la scena al suo allenatore
Com’è dolce stanotte la primavera a Napoli. Lo scudetto più bello è quello che vinci così: all’ultima giornata, scucendolo dalle maglie della squadra strafavorita, dopo un testa a testa bellissimo, dandole perfino, nella giornata finale, l’illusione di vincerlo. Il Napoli ha conquistato questo campionato perché l’ha testardamente voluto. C’è riuscito con la tigna delle grandi squadre, di volontà, fregandosene della bellezza quando non era necessaria per vincere. Non ha mai mollato nei momenti di bassa condizione fisica, non ha mai ceduto anche quando l’Inter è passata davanti e sembrava potesse allungare.
Quanto c’è di Conte in questo scudetto? Molto. Si è rivelato l’allenatore giusto per una stagione senza coppe, con pochi cambi e con un Napoli a cui è stato tolto a gennaio Kvaratskhelia, sostituito da Okafor, che è come dire non sostituito. Conte è stato il valore aggiunto determinante, quanto lo fu nel primo scudetto alla Juve. Anzi, rispetto a quello si è dimostrato ancora più determinante. Lui ha voluto, oltre a Lukaku, anche McTominay, il miglior centrocampista del campionato, il simbolo di questo Napoli concreto e continuo. Un ragazzone scozzese, bravissimo in qualsiasi fase della partita, che solo un club scellerato come è l’attuale Manchester United poteva far partire con tanta leggerezza.
Da tecnico credo sia stato il campionato migliore di Conte: per capacità di gestione, di adattamento alle situazioni che cambiavano, agli avversari, agli infortuni. Mantenendo sempre il personale carattere distintivo: una feroce vocazione al successo. Sarà pure ossessivo come dicono, logorerà pure i rapporti all’interno del club in cui lavora, ma è il più bravo, con Allegri, a navigare nel difficilissimo mare che è il campionato italiano. Il merito di De Laurentiis è averlo capito. E di aver imparato dagli errori commessi nella stagione precedente. Non è poco. È stato ai patti presi all’inizio, si è smaterializzato, che per uno come lui è il massimo del sacrificio, lasciando tutta la scena al proprio allenatore. È possibile che le strade di Conte e De Laurentiis si separino: se anche dovesse succedere il Napoli resta una grande realtà del calcio europeo. Un club solido, con i bilanci in ordine, un pubblico fantastico e prospettive tecniche eccellenti. Ha avuto grandi allenatori e continuerà ad averne. De Laurentiis è un uomo di spettacolo, porta un cognome che quando lo pronunci a Hollywood si alzano in piedi e si tolgono il cappello. Per questo film aveva bisogno di un regista così. Ci saranno altri film e altri registi. Lo scudetto di Spalletti è stato un capolavoro spettacolare con modernissimi effetti speciali, questo di Conte un bellissimo film neorealista italiano da Oscar.
L’Inter ha buttato lo scudetto più o meno come aveva fatto con il Milan, tre anni fa. Ma c’è una differenza enorme rispetto al 2022: all’orizzonte c’è una finale di Champions giocabile, oltreché da giocare. Il Psg è una bellissima squadra guidata da un grande uomo, ma non è il City di allora. Vincerla per l’Inter farebbe tutta la differenza del mondo, cancellerebbe il rammarico per lo scudetto sacrificato e perso. Disputare due finali di Champions in tre anni è un risultato straordinario, merito dell’Inter e soprattutto di Inzaghi. L’errore che si può dire sia stato commesso a prescindere dal risultato del 31 maggio a Monaco è che sia stata sopravvalutata di molto la rosa nerazzurra: è di qualità ma non abbastanza per battagliare su tre fronti, pensando di vincere su tutti e tre. Età media troppo alta e in attacco una pochezza dei cambi avvilente. Lautaro e Thuram sono stati spremuti oltre il consentito per un club che vuole vincere la Champions e il campionato italiano. A questi livelli non ci può essere uno scarto abissale come c’è all’Inter tra le punte titolari e i potenziali sostituti. Lautaro è uno degli attaccanti più forti al mondo: deve essere tutelato, non massacrato di minuti. Al dato anagrafico va poi aggiunta la propensione di Inzaghi a tenere una formazione titolare standard finché possibile. Ma, come detto, l’Inter ha l’occasione di conquistare la Champions, il trofeo più importante. Ogni anno una squadra italiana vince lo scudetto, ma la Champions no: è stata italiana dodici volte appena, l’ultima quindici anni fa. Un’eternità.