L’ex mediano della Fiorentina è scomparso nel 1987 a soli 39 anni. Claudia e Alessandro oggi chiedono giustizia: "Aveva la pubalgia, lo sottoposero a sedute di raggi X e gli venne la leucemia"
Bruno Beatrice aveva quasi quarant'anni, una moglie, due figli piccoli e un passato da calciatore di Serie A tra Ternana, Fiorentina e Cesena. Lo chiamavano Mastino perché marcava a uomo come lo si faceva una volta, senza tregua, addosso all'avversario. Bruno Beatrice aveva 39 anni quando una leucemia cattiva se lo portò via, pochi giorni prima del Natale del 1987. Sospettava forse che la malattia fosse stata provocata da una sciagurata cura a base di raggi Roentgen o raggi X, che gli avevano prescritto e imposto da giocatore della Fiorentina per contrastare una pubalgia cronica. Beatrice non ha avuto giustizia, non ancora. L'inchiesta penale è stata archiviata per prescrizione. Il processo civile si è arenato. Qualcosa però potrebbe rimettersi in moto. Nuovi elementi, come si usa dire. Abbiamo parlato con Claudia e Alessandro, i figli di Beatrice. La loro madre, Gabriella Bernardini, moglie di Bruno, se ne è andata un mese fa, a marzo. Era stata lei a scoprire la connessione tra la terapia e il male.
Claudia, siete cresciuti senza un padre: quanto ne hanno risentito le vostre vite?
"Ci è mancato il papà e oggi ci manca il nonno, io e Alessandro siamo genitori. Fino a qualche tempo fa, quando c'era la mamma, apparecchiavo tavola anche per lui. Un vuoto incolmabile. Un disagio sentimentale senza fine. Dobbiamo stare attenti a non far ricadere questo dolore sui nostri figli. E c'è la rabbia per l’omertà, per la gente che non ha parlato o non ha detto la verità. Io ho rimosso i ricordi per non star male. Ne ho conservati due: papà in jeans, con me al parco, che calcia un pallone, e un Natale molto sfuocato. Lo sogno sempre all'età di 34 anni prima chi si ammalasse". Alessandro: "Io sono più piccolo e il ricordo che ho è mio padre malato nella camera sterile a Careggi (l'ospedale, ndr). Noi divisi da un vetro opaco, la mia manina sulla sua manona, ma sul vetro, non a contatto".
Alessandro, com'è la situazione sul piano processuale?
"Nel penale, è scattata la prescrizione per l'ipotesi di omicidio preterintenzionale, per cui erano stati indagati alcuni medici e Carlo Mazzone, l'allenatore della Fiorentina nel 1975-76, la stagione della cura sbagliata. I medici sapevano bene quali fossero i rischi. Quando papà andò a Roma a farsi visitare dal professor Perugia, la riposta fu: 'Interrompi subito questo trattamento. Fai dei massaggi e basta, poi valuteremo se operare'. La Fiorentina aveva come obiettivo la Coppa Italia e Beatrice, per l'allenatore, doveva guarire in fretta... Mazzone (scomparso nel 2023, ndr) e papà litigarono, vennero quasi alle mani, in un ritiro a Santa Margherita Ligure. Mio padre si sentì tradito quando gli comunicarono la cessione al Cesena. Nel processo civile il nesso di causalità tra la terapia dei raggi X e la leucemia è stato accertato, ma il giudice ha chiuso il procedimento perché ha detto che non c'erano più testimoni. Del resto, uno dei medici implicati è morto egli stesso di leucemia perché troppo esposto nel tempo a quel macchinario. Ad accompagnare mio padre nell'ospedale e nella clinica di Firenze era stato più volte Bruno Galdiolo (ex stopper viola, morto nel 2018, ndr)".

Perché la causa civile potrebbe riaprirsi?
"Perché sono emersi degli elementi nuovi, contenuti in una chiavetta. Siamo sostenuti dalla Regione Toscana, dal governatore Giani. Il 12 maggio, a mezzogiorno, protesteremo a Roma davanti al palazzo della Corte di Cassazione, in piazza Cavour. Esporremo lo striscione che di solito la curva Fiesole stende al Franchi di Firenze: 'Giustizia per Bruno Beatrice'. Il questore Roberto Massucci ci ha autorizzati. Noi non ce l'abbiamo con la Fiorentina, ma con i medici. Siamo tifosi, andiamo in curva, gli ultras appoggiano la nostra causa. Io ho chiamato Viola una delle mie figlie".
Claudia, vostra madre Gabriella vi ha cresciuti da sola, senza che vi mancasse nulla.
"Era una donna forte e concreta, con il senso degli affari. Alla mia nascita, papà le regalò un brillante, al che lei disse: 'Che me ne faccio di un anello? Compra un appartamento'. E papà lo acquistò. Quando è nato Alessandro, lo stesso. Niente orologi né macchine di lusso. Nostra mamma investì i guadagni di papà nell'immobiliare e nei terreni. E quando nostro padre morì, lei unì due appartamenti grandi nel centro di Arezzo per creare l'hotel "I Portici", e con l'albergo abbiamo vissuto bene per anni. Poi lo abbiamo venduto. E ci sarebbe da parlare della pensione di reversibilità, 384 euro al mese, nonostante papà avesse versato fior di contributi... Non è stato facile neppure passare per i tribunali, con gli avvocati delle controparti che ci guardavano dall'alto in basso, quasi a colpevolizzarci del fatto che avessimo scoperchiato il vaso di Pandora. Ora io e Alessandro viviamo e lavoriamo in una nostra tenuta agricola vicino ad Arezzo".
Alessandro, chi vi è stato vicino del calcio?
"Moreno Roggi, ex compagno di papà nella Fiorentina, un grande terzino di spinta, poi procuratore, non ci ha mai lasciati soli".
Vostra mamma è stata la prima a collegare i fili, la terapia come causa della malattia.
Alessandro: "Nel 1996 trovò un libro, "Cavie umane", edito da Feltrinelli nel 1971, in cui c'era scritto che i raggi Roentgen potevano provocare leucemie e tumori. Lì capì che i medici non potevano non sapere e andò a parlare con i magistrati. Si ammalò anche lei (non per i raggi, ndr): nel 1999 subì un trapianto di fegato e, caso quasi unico, non ebbe mai una crisi di rigetto. È morta per una polmonite a nostro parere curata male, entrava e usciva dall'ospedale. Anche per lei ci siamo rivolti agli avvocati e vedremo se ci saranno gli elementi per un’azione legale".