Grimi: "Al Milan ho pagato il paragone con Maldini. Ora sono amico di Lautaro"

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L'ex terzino ora è allenatore. "Scrissero che mi paragonai al mio idolo. Tutto Falso. Fui massacrato a 21 anni per una cosa mai detta. Il Toro mi dice grandi cose di Inzaghi"

Francesco Albanesi

21 agosto 2025 (modifica alle 13:25) - MILANO

Leandro Grimi è onesto e razionale. Diciotto anni dopo il suo arrivo al Milan ha colto l’occasione per smentire una voce che non gli è mai appartenuta. Nel gennaio 2007, quando firmò per i rossoneri, alcuni media gli attribuirono un virgolettato pesante: “Se Dio vorrà, potrei diventare il nuovo Paolo Maldini”. Niente di più falso. “Smentisco ogni parola: mi vergogno a paragonarmi a lui. È sempre stato il mio idolo, evidentemente mi avranno frainteso". Grimi non ha rimpianti: con Ancelotti collezionò quattro presenze nella stagione dell’ultima Champions vinta dal Milan, è grande amico di Lautaro Martinez e oggi fa l’allenatore, ispirandosi agli italiani. Una cosa è certa: quel paragone con Maldini, a 21 anni, non gli ha reso la vita più facile.

Leandro, è sbarcato in Italia con un macigno sulle spalle. 

“Sicuramente quella frase, vista esternamente, non mi ha aiutato a livello mediatico. Lei pensi ad un ragazzo di appena 21 anni che arriva in uno squadrone come quello del 2007, prova a mettersi in mostra con le sue qualità e deve far fronte anche a dichiarazioni che non ho mai fatto. Non semplice, ma sono sempre andato avanti”. 

“Se Dio vorrà, potrei diventare il nuovo Paolo Maldini”. Il tifoso rossonero la ricorda così. 

“Probabilmente sì. Ma smentisco subito. Non ho mai detto di voler diventare il nuovo Maldini. Mi sono state messe parole in bocca da alcune televisioni e quotidiani, non so il motivo. Sono rimasto sorpreso quando ho letto tutte quelle notizie che mi paragonavano a Paolo”. 

Perché non le ha smentite subito quelle parole? 

“Ho sempre dato poca importanza ai giornali nel corso della mia carriera, non li compravo. Mi sono accorto di quel titolo tempo dopo. Paolo è sempre stato il mio idolo, il mio poster in cameretta. Mi vergognavo a paragonarmi a una leggenda come lui. Quando sono arrivato al Milan è stato il primo ad accogliermi, ricordo che ha voluto conoscere tutta la mia famiglia. In un attimo mi ha presentato a tutto lo spogliatoio”. 

E che spogliatoio… 

“Sono arrivato in quel gennaio 2007 assieme a Oddo e Ronaldo Il Fenomeno. Io non ero in lista Champions. C’erano Kakà, Seedorf, Serginho, Inzaghi, Cafu, Nesta: campioni su campioni. Ero un ragazzo di appena 21 anni con tanta voglia di fare. Probabilmente quel paragone inventato dai media con Maldini mi si è ritorto contro nella mia esperienza rossonera, al netto di una concorrenza incredibile. Io Paolo lo veneravo, forse è per questo che è stata fraintesa quella frase”. 

Com’è nata la trattativa col Milan? 

"Grazie al mio procuratore avevo molto mercato in Italia, mi volevano anche diverse squadre di Serie A. All’Huracan, due anni prima, segnai 10 gol in una stagione: numeri ottimi considerando che facevo il terzino. Mi piaceva attaccare l’area, spingere in fascia e calciare non appena avevo la possibilità. Nel 2006 mi prese il Racing, feci bene la prima parte di stagione e poi a gennaio arrivò il Milan”. 

E anche la Champions a fine anno… 

“Io non ero in lista, però ero ad Atene. Al fianco dei miei compagni. Partita incredibile, vincere una Champions, anche se da non protagonista, fa comunque effetto. A 21 anni specialmente”. 

Con Ancelotti che rapporto aveva? 

“Grazie a lui ho capito cosa significa gestire un gruppo dalla panchina. Era un condottiero fuori dal campo. Mi fece giocare quattro partite, non mi parlava tantissimo, ma qualche piccolo consiglio me lo dava, soprattutto sul come difendere. Dall’esperienza col Milan mi sono trasformato in un terzino più di contenimento che di spinta”. 

Quel Milan, uno spogliatoio da favola. Da Ancelotti ho capito cosa significa gestire un gruppo dalla panchina. Era un condottiero fuori dal campo

Leandro Grimi

Aneddoti da raccontare? 

“Pochi, ma le dico perché. C’era talmente tanta professionalità in quello spogliatoio che tempo per scherzare ce n’era davvero poco”. 

A Siena ha trovato continuità, invece. 

“Si, Mandorlini prima e Beretta poi mi hanno dato fiducia. A Siena ho giocato sei mesi da titolare, poi nel gennaio 2008 ho fatto un altro prestito allo Sporting Lisbona e da lì è cominciato un calvario: mi sono rotto il ginocchio”. 

La mancata conferma al Milan è stata un rimpianto? 

“Sicuramente un dispiacere. Il mio procuratore mi metteva sul piatto le offerte e io avevo sempre l’ultima parola. A luglio del 2008 lo Sporting mi acquistò definitivamente: da lì sono tornato a sentirmi importante nonostante gli infortuni”. 

Ora cosa fa Leandro Grimi? 

“L’allenatore, anche se al momento non ho panchina. Fino allo scorso giugno allenavo lo Sporting Club da Covilha, in terza divisione portoghese. Ho fatto tutta la “trafila”, dalla primavera all’Under 23, fino alla prima squadra. Ora sono in un momento di valutazione, mi guardo intorno e considero le offerte più allettanti. Anche se devo finire il corso da allenatore. Studio molto i tecnici italiani: da De Zerbi ad Ancelotti, ma anche Gilardino e Pippo Inzaghi. E poi mi sento spesso con Lautaro”. 

Nel mio Milan c'era talmente tanta professionalità in spogliatoio che tempo per scherzare ce n'era davvero poco

Leandro Grimi

Siete grandi amici? 

“Si, ci siamo conosciuti ai tempi del Racing. Mi ha parlato benissimo di Simone Inzaghi, lo descrive come un grande tecnico. Gli ho mandato un messaggio dopo la finale di Champions, chiaramente lui era dispiaciuto, specie per la seconda finale persa. Il Toro è un grande campione, sapevo che avrebbe fatto carriera già dai tempi del Racing: sempre professionale e rispettoso nei confronti di tutti. Spero vincerà il Pallone d’oro”.

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