Dopo il voto previsto per il 22 luglio in Senato sulla separazione delle carriere dei magistrati, potrebbero aprirsi nuovi fronti nella partita sulla riforma della giustizia voluta dal Governo. Tra i temi, anche quello dell'inappellabilità delle sentenze di assoluzione sul quale al momento non sono in cantiere interventi ad hoc, ma nella maggioranza c'è chi è pronto, come il forzista Enrico Costa, a depositare una proposta di legge che preveda sanzioni per i magistrati che incassano una "assoluzione conforme" nei primi due gradi di giudizio.
Un'ipotesi su cui l'Anm fa muro e va all'attacco. "Ci risiamo con le leggi ad personam", taglia corto il segretario del sindacato delle toghe, Rocco Maruotti, per il quale "non c'è altro modo per spiegare in questo momento la riesumazione della proposta Costa". "Non potendo riproporre l'eliminazione totale del potere di impugnazione del pubblico ministero, già dichiarata incostituzionale dalla Consulta nel 2007, si pensa evidentemente che il modo migliore per dissuadere il pubblico ministero dal proporre appello sia quello di prevedere conseguenze negative sul suo percorso professionale - sostiene Maruotti - L'importante è che il messaggio arrivi in modo forte e chiaro: se non riesco a impedirtelo, almeno te la faccio pagare".
L'intenzione del Governo, dopo il ricorso 'per saltum' della Procura di Palermo nella vicenda Open Arms, è ampliare la soglia per le impugnazioni già definita nel Ddl Nordio del 2024. Con quel provvedimento si è intervenuti per i reati con pena inferiore ai quattro anni di carcere. "Fatte salve le fattispecie più gravi - spiegano fonti dell'esecutivo - si potrebbe lavorare per limitare azioni 'temerarie' dei pubblici ministeri inserendo anche altri reati". Al momento, comunque, nessun testo in tal senso è al vaglio dell'ufficio legislativo di via Arenula: tutto è rimandato a dopo il voto in seconda lettura della riforma a Palazzo Madama.
L'iniziativa dei pm siciliani sembra avere, comunque, aperto un nuovo punto di rottura nel rapporto già tesissimo tra toghe e governo. Un'ipotesi di 'scudo' totale per le impugnazioni sembra al momento non percorribile, alla luce anche della decisione della Consulta che nel 2007 bocciò il progetto previsto dalla legge Pecorella.
Solo ipotesi, quindi, ma sufficienti per provocare una reazione da parte delle toghe dopo settimane di violento scontro con l'Esecutivo. Per il vicesegretario dell'Anm Stefano Celli, la "lettura distorta del 'ragionevole dubbio', fatta propria dal ministro, dimentica che il ricorso per Cassazione serve ad applicare in maniera eguale per tutti il diritto, e non c'entra nulla con il ragionevole dubbio. Oltretutto è previsto dalla Costituzione, e la maggioranza finora non ha neanche detto di volerlo cambiare". Dal canto suo, Paola Cervo, componente della giunta, sostiene che "l'iniziativa sembra sganciata dalla riforma costituzionale in corso di approvazione, ma in realtà tradisce la cultura che la sorregge: intimidire la magistratura che si limita ad esercitare le sue prerogative, ogni volta che questo esercizio non è ossequiente al potere".
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