"Scene di orrore a Gaza
city. I miei parenti mi raccontano di palazzi altissimi
abbattuti con esplosioni così potenti da far tremare l'intera
città. Ogni volta che un edificio crolla, sembra che tutta Gaza
salti in aria": a raccontarlo all'ANSA è Safwat Alkahlout, 52
anni, giornalista palestinese fuggito nel marzo 2024 dalla
Striscia con la moglie, i sette figli e l'anziana madre. Ora
vive ad Arrone, piccolo comune umbro in provincia di Terni, ma
il suo cuore resta a Gaza, dove sono rimasti fratelli, sorelle e
amici.
"Non hanno e non abbiamo dormito tutta la notte" racconta
Safwat. "I bombardamenti sono continui - aggiunge -, ma dicono
che adesso è diverso: distruggono interi grattacieli usando
quantità enormi di esplosivi. Chi riesce a sopravvivere deve
affrontare un altro dramma: spostarsi costa cifre impossibili.
Solo per trasportare le proprie cose a 15 chilometri servono
mille dollari, una tenda per la famiglia ne costa altri mille.
Per chi non lavora da anni e non ha risparmi è un ostacolo
insormontabile". Molti, aggiunge, hanno rinunciato a fuggire.
"Alcuni mi dicono che preferiscono restare e morire sotto le
macerie, piuttosto che affrontare l'ennesima fuga. In questi
anni sono stati sfollati anche dieci o dodici volte, avanti e
indietro tra Gaza city e Rafah. Ora sono esausti", racconta il
giornalista. Alkahlout denuncia la mancanza di una risposta
internazionale: "Che vergogna per il mondo intero - dice -: non
solo l'Occidente, ma tutti. Migliaia di persone sono già state
uccise e ancora si discute se sia genocidio. Gaza è stata
distrutta come passato, come presente e come futuro. Fermare la
guerra: basterebbero queste parole, ma nessuno trova il coraggio
di fare pressione su Israele".
Ad Arrone, intanto, lui e la sua famiglia hanno trovato
accoglienza: "Per i miei figli è la prima volta che assaporano
la libertà - spiega Safwat -, una vita senza razzi che cadono
dal cielo o posti di blocco davanti a casa. La gente in Umbria
ci ha accolto bene, qualcuno espone la bandiera palestinese
sulle case. Non ci siamo mai sentiti estranei".
Il suo sogno, però, resta il ritorno. "Voglio tornare a Gaza
e ricostruire" sottolinea. "I palestinesi sono bravi a
ricostruire - prosegue -, ma dall'altra parte c'è chi è più
bravo a distruggere. È ora che il mondo dica basta e riconosca
lo Stato di Palestina. Senza coraggio internazionale non avremo
mai indipendenza".
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