Un caso l'abbraccio di Salvini all'ambasciatore russo

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"Forse bastava una stretta di mano...". Senza fare drammi, all'interno di FdI non si nasconde però il malumore per l'abbraccio con cui Matteo Salvini, al ricevimento dell'ambasciata cinese, ha salutato l'ambasciatore russo Alexei Paramonov, che qualche ora prima aveva espresso "sconcerto" per la reazione del governo italiano "all'incidente della presunta incursione di droni nello spazio aereo polacco, immediatamente e infondatamente attribuita alla Russia", sostenendo che "la campagna mediatica aggressiva e antirussa non contribuisce ad una soluzione del conflitto in Ucraina".

Fra la freddezza degli alleati (non ci sono commenti da FI) e i duri attacchi delle opposizioni, Salvini difende il suo comportamento. "Ho incontrato l'ambasciatore russo come decine di altri ambasciatori. Ero invitato come altri ministri, c'erano amici parlamentari del Pd e di FdI", ha spiegato all'indomani dell'evento a cui hanno partecipato fra gli altri anche l'ex premier Massimo D'Alema e il presidente della commissione Esteri della Camera Giulio Tremonti.

"Se vai ospite a casa di qualcuno e qualcuno ti saluta - la tesi del vicepremier e leader della Lega -, lo saluti, come è giusto che sia se vuoi avere buone relazioni e se ci tieni ricostruire un dialogo. Preferisco una stretta di mano a uno sguardo rabbioso".

"Forse l'abbraccio è stato esagerato", il ragionamento che si fa in ambienti di FdI, accompagnato dalla considerazione che "comunque la politica estera la dettano Palazzo Chigi e Farnesina, e la Lega quando c'è da votare vota quello che stabilisce la maggioranza". "Trovo assolutamente giusta l'educazione che lui ha rivendicato nel salutare tutti - il commento del presidente del Senato Ignazio La Russa -. Non so se nello stesso modo, ma avrei salutato" l'ambasciatore.

"Non ingigantire il caso", è la linea del partito di Giorgia Meloni, in una giornata focalizzata sul comizio dei leader di centrodestra ad Ancona, mentre ai piani alti dell'esecutivo si lavora a due delicati dossier: il sostegno all'operazione Nato Sentinella Est, con i dubbi sull'ipotesi di mettere a disposizione altri due Eurofighter; e le sanzioni a Israele presentate dalla Commissione europea. In questi giorni, spiegano i meloniani, la presidente del Consiglio ha tenuto un profilo basso sull'operazione militare a Gaza, la linea l'hanno espressa i ministri Antonio Tajani (Esteri) e Guido Crosetto (Difesa), ma lei si farà sentire all'Assemblea generale dell'Onu e poi al Consiglio europeo.

Dietro le quinte Roma tratta per un ritocco al pacchetto di sanzioni, su cui fino a poco tempo fa Roma frenava. Servono per mettere pressione, è ora la tesi dei meloniani, ma su quelle che colpiscono i singoli ci possono essere valutazioni diverse e non ha senso toccare gli accordi commerciali Ue-Israele: valgono pochi decimali dell'export europeo e le sanzioni rischiano di danneggiare qualche pmi italiana.

Nessun ripensamento, invece, sul riconoscimento dello Stato palestinese: non serve agire singolarmente, si finisce per indebolire l'Europa, è la linea. Le opposizioni continuano a chiedere che Meloni riferisca in Parlamento, e intanto stigmatizzano l'abbraccio di Salvini a Paramonov. Per Francesco Boccia (Pd), "sarebbe utile sapere cosa pensa Meloni del comportamento del suo vice premier. Il nostro Paese condanna il regime di Mosca e queste ambiguità non fanno altro che danneggiare la già bassa credibilità dell'Italia nello scenario internazionale".

Riccardo Magi (+Europa) vede "un problema sotto il profilo della sicurezza nazionale" nel fatto che il vicepremier "apertamente tifa per Putin". Secco Carlo Calenda (Azione): "Salvini è un asset russo, è un alleato della Russia".

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