L'ex ceo dei giallorossi: "Quando abbiamo deciso di non rinnovare il contratto a De Rossi è successo di tutto. Sotto il mio ufficio 7mila persone pronte a tutto. Ho passato quattro mesi sotto scorta"
“A Roma ho vissuto quattro mesi sotto scorta, volevano ammazzarmi per il mancato rinnovo di De Rossi”. Ora lo dice col sorriso Guido Fienga, ma i ricordi di quei giorni bollenti sono ancora vivi. L’ex ceo della Roma e dell’Al Nassr ha rilasciato un'intervista ai microfoni del podcast Thriving Minds with Alberto Zandi nella quale ha parlato della sua esperienza nella Capitale e non solo. "Quando sono stato il ceo della Roma ho capito che nella vita puoi anche trovare il nuovo vaccino per curare il cancro, le persone saranno felici e qualcuno ti inizierà a conoscere, ma quando stai vicino a gente come Totti e Ronaldo tutti ti conosceranno, ti cercheranno e ti vorranno. Quindi se non sei super equilibrato rischi di perdere il controllo di te stesso. Diventi vanitoso e pieno di ego”, spiega Fienga.
IL RINNOVO DI DE ROSSI
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Ma la notorietà è un coltello a doppia lama. “Dopo due settimane dalla mia nomina decisi di confermare la decisione, che era già stata presa dalla proprietà, di non rinnovare il contratto di De Rossi - spiega il dirigente-. Dopo due giorni c’erano 7000 persone sotto il mio ufficio che volevano ammazzarmi. Sono stato sotto scorta per 4 mesi. Vi lascio immaginare l’accoglienza nei miei confronti. Poi ho continuato a gestire il club con piena trasparenza, spiegando ai tifosi che i nostri ruoli sono diversi: tutti vogliono raggiungere il successo, ma loro devono fare i tifosi e io devo fare il ceo”. Fienga, che ha dato l’addio all’Al-Nassr a gennaio, è stato anche il dirigente di riferimento nel passaggio dalla Roma di Pallotta a quella dei Friedkin. “Sono stati due/tre anni di grande pressione, ma ho solo fatto il lavoro come so fare. Quando è terminato il mio mandato uno dei miei assistenti mi ha chiamato e mi ha detto che c’era una delegazione della Curva Sud, ovvero i capi delle 7000 persone che volevano ammazzarmi, che voleva darmi un regalo. Mi è stato dato uno stemma della Roma con una nota in cui mi ringraziavano e mi chiedevano scusa. Scrissero che probabilmente non erano d’accordo con me su alcune decisioni, ma che avevano capito ciò che avevo fatto e mi rispettavano. Quando vado a Roma e la gente mi riconosce mi stringono le mani, non è una cosa così comune. Se fai bene il tuo lavoro la gente lo capisce”.
TOTTI E CR7
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Negli anni romani Fienga ha avuto modo di lavorare con due top come Totti e Mourinho, ma in Arabia ha gestito anche CR7. “Io divido i grandi calciatori in due categorie - spiega Fienga -. Una riguarda il talento naturale e a questi calciatori Dio ha donato il talento. Io ne ho avuto uno di questi ed era Francesco Totti. Capisci che Totti è differente già da come tocca il pallone, la palla fa un movimento differente con lui. Colpisce la palla senza neanche guardare il campo e finisce esattamente sul piede dell’attaccante. Poi c’è Cristiano Ronaldo, che ha talento oltre al duro lavoro. Chi è super talentuoso spesso è pigro perché sa che non deve lavorare molto per fare comunque la differenza, ma nel mezzo della carriera iniziano a capirlo. Totti ha finito a 40 anni, se parli con lui ancora crede di essere talmente forte da poter giocare in Serie A. Sto scherzando, è un mio amico”.
MOURINHO
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Come lo è Mourinho. “Tre parole per descriverlo? Super intelligente, abile nel suo lavoro e la terza parola non posso dirla… - sorride l’ex Ceo -. In privato è divertentissimo. È una bella sfida essere il ceo di Mourinho, ma non lo sono stato per molto. In una delle prime partite abbiamo ricevuto quattro espulsioni, è stato un bel benvenuto dello stile di Mourinho. Ho una bel rapporto con lui, probabilmente perché non ci ho lavorato molto. L’ho soltanto portato alla Roma e lavorato per un po’ di mesi insieme, ma ci sentiamo molto”. Fienga svela anche un aneddoto nei giorni del suo addio: “Quando decisi di lasciare la Roma Mou è venuto da me e disse: ‘Guido, ci sono soltanto due maschi alpha in questo club e ora uno se ne sta andando…’. E io gli risposi: ‘Buon per te’. Questo è il motivo per cui ho mantenuto un buon rapporto con lui. Per un ceo lavorare con un allenatore che è in continuo contrasto con il mondo arbitrale e della Lega è come essere un pompiere in California. Ma Mourinho è molto intelligente e bravo. Ho molte cose da dire ma non posso per la reputazione di entrambi".