La centrale più forte al mondo, dopo la Nations League vinta, non dà attenzione al primato di 29 successi di fila ed esalta il gruppo: "In squadra non siamo giocatrici ma compagne"
In attacco è una sentenza, a muro arriva ad altezze spesso insuperabili. E la battuta, anno dopo anno, è sempre più velenosa. A 23 anni Sarah Fahr è indicata come la centrale numero 1 al mondo. Ha vinto tutto a Conegliano, è pronta a completare il palmares con la maglia dell’Italia. Dopo la Nations League conquistata domenica, ha messo nel mirino il Mondiale che scatterà il 22 agosto in Thailandia.
L’oro mondiale manca dal 2002. Lei aveva da poco compiuto un anno. Quella generazione cosa rappresenta per lei?
"Poco, perché mi sono avvicinata alla pallavolo con i Mondiali del 2014, organizzati in Italia. Era la Nazionale di Bonitta e in campo c’erano Diouf, Piccinini ma soprattutto le mie due compagne di squadra a Conegliano: De Gennaro e Chirichella".
Oggi è lei a essere d’esempio per lei più giovani.
"Questa cosa mi mette i brividi. Tutte le persone che ci sostengono si meritano l’opportunità di poter sognare attraverso i nostri successi. Un momento che mi piace è quello degli autografi a fine partite: vedo bambine e bambini che ti guardano con gli occhi che brillano. E a Lodz, dopo la finale, mi sono fatta guidare dal cuore".
A che cosa si riferisce?
"Sostituisco le scarpe da gioco spesso per averle sempre performanti. E domenica era una di quelle occasioni. Così vicino a me c’era una ragazza tra i volontari che puliva il campo. Mi guardava con ammirazione. Allora le ho regalato le scarpe. Era al settimo cielo. Questa cosa mi ha riempito il cuore. Anche lei, come tutti i giovani, deve e può sognare di arrivare al top".
Il grande obiettivo stagionale è il Mondiale in Thailandia. Dopo l’oro vinto ai Giochi, come vi sta stimolando Velasco?
"Il successo iridato manca da 23 anni e nel 2022 ci siamo fermati al bronzo. Dopo Parigi, dove abbiamo maturato la convinzione della nostra forza, non ci accontentiamo. E Julio ci ha dato un consiglio: 'Lavorate come se non avessimo mai vinto niente', è il suo mantra stagionale".
A 23 anni, per completare l’album delle figurine dei trofei di club e per nazionali le manca solo il Mondiale. Ci pensa?
"Me lo ricorda spesso il mio fidanzato Nicolò che mi ripete spesso: 'Tu non ti rendi conto di quello che stai realizzando'. Però sono ancora giovane, mi piace pensare che sono solo all’inizio. Non voglio accontentarmi, vorrebbe dire sedersi sugli allori".
Nello spogliatoio, che percezione avete del record di 29 vittorie di fila?
"Ho avuto la fortuna di vivere una cosa simile con Conegliano: allora siamo arrivate a 76. È sicuramente un bel risultato, ma non è una cosa a cui dare attenzione".
De Gennaro ha fatto capire che dopo il Mondiale saluterà l’azzurro.
"Per me è un tasto dolente. Moki è un punto di riferimento. Lei, De Kruijf e Wolosz in questi anni a Conegliano mi hanno insegnato come si vive, come si sta in campo, come si diventa una giocatrice di livello. Non ci voglio pensare".
In Nations League avete messo in mostra la profondità della squadra.
"È il nostro punto di forza. Siamo squadra in tutti sensi. Chiunque c’è in campo, Egonu e Orro, piuttosto che Cambi e Antropova. C’è la fiducia reciproca, la consapevolezza che chiunque sia in campo è in grado di dare il meglio. Dove non arriva una giocatrice ci sarà una compagna".
In passato ha raccontato di aver convissuto con disturbi alimentari. Situazione ora superata. È pentita di aver reso pubblica questa cosa?
"Direi di no. Se quello che ho vissuto può essere d’aiuto a qualcuno lo rifarei altre centomila volte. Non siamo macchine perfette, queste cose possono succedere a tutti. Nella vita i problemi ci saranno sempre. Serve riconoscerli, affrontarli e cercare una soluzione".
Cosa ha regalato Velasco al gruppo azzurro in queste due estati di lavoro?
"Ha creato quella serenità in squadra di cui avevamo bisogno. In queste due stagioni ho capito il motivo per cui tutte le persone parlano così bene di lui. Una stima meritata".