Vive in Canada, segue la squadra in tutto il mondo ed è diventato un punto di riferimento sui social per tutta la comunità araba-nerazzurra: "Per la Supercoppa ho realizzato un sogno, entrare in sala stampa e fare una domanda a Chivu"
19 dicembre - 17:01 - RIAD (ARABIA SAUDITA)
Si possono fare più di 200mila chilometri per la propria squadra del cuore, seguirla in ogni angolo nel pianeta, adattare i turni di lavoro con 6 ore di fuso e pure rischiare di farsi buttare fuori di casa? Sì, se poi, dopo sconfitte e vittorie, foto ricordi e canti negli stadi di tutto il mondo, si riesce perfino a intervenire in una conferenza stampa per rivolgersi al proprio allenatore con i crismi dell’ufficialità. Yazeed Mushal, 39 anni di puro interismo, ha bucato l’unica parete che gli mancava: lui, l’arabo più nerazzurro che ci sia, ha coronato l’ultimo sogno e ha potuto parlare con Cristian Chivu prima di Bologna-Inter. Domanda classica sugli scontri diretti mancati in stagione, risposta con problemi di traduzione, ma quello che conta qua è la passione, arrivata dal Canada fino a Riad, e diventata esempio per i tifosi: Yazeed è, ormai da tempo, il punto di riferimento di tutta la comunità araba-nerazzurra in giro per il mondo.
Mushal, ma lei chi è davvero?
"Un interista! Semplicemente un tifoso dell’Inter, tutto il resto viene dopo… Sono originario della Giordania e, dopo dieci anni a Dubai, dal 2021 risiedo ad Halifax, in Canada, dove lavoro come infermiere e vivo con moglie e figlio. Molte persone pensano che mi occupi di finanza perché sui miei canali social continuo a tradurre in arabo tutti gli articoli sulla mia Inter, soprattutto quelli a tema economico, partendo dai bilanci passando alle notizie sulla vecchia e la nuova società. La gente mi segue e si fida. Mio padre, prima di lasciarci, ha fatto in tempo a far innamorare i suoi figli del calcio, anche se con mio fratello deve aver sbagliato qualcosa visto che, purtroppo, è diventato juventino…".
Come si fa a vedere l’Inter dal vivo dal... Canada?
"Prendendo tanti aerei, negli ultimi anni ho visto più di venti partite a San Siro, lo stadio più bello e magico del mondo. Una volta anche a bordo campo, ho ancora i brividi. Ma anche in altri stadi per vedere partite di Champions, del Mondiale per Club e, ovviamente, di questa Supercoppa, a cui non posso mancare da quando è in Arabia. Per il resto, organizzo sempre i miei turni di lavoro per essere libero nei giorni delle partite, oppure per fare il turno di notte, visto che la maggioranza delle partite si giocano quando in Canada sono le 15.45. In quei casi, guardo in tv e poi vado a fare il mio dovere in ospedale. Diciamo che la mia vita la detta il calendario dell’Inter: quando devo andare a vedere un match dal vivo, cerco sempre di prendermi tre o quattro giorni di ferie, pianificando tutto per tempo. Ci sono nelle notti fortunate, come quelle contro il Barcellona con gol di Acerbi, e anche nei giorni tristi: a Monaco, in tribuna per il 5-0, non ho mai smesso di tifare".
Ma quando e come è nata questa passione?
"Sono diventato tifoso nerazzurro nel 1998. Ed è 'colpa' prima di Ronaldo il Fenomeno e poi di Roberto Baggio. Con mio padre e mio fratello guardavano spesso le partite della Nazionale italiana, come facevo a non rimanere incantato da Roby? Quando è passato anche lui all’Inter, l’amore ha preso il sopravvento su tutto".
Qual è il suo giocatore preferito, di ieri e di oggi?
"Oggi non voglio scontentare nessuno, così faccio solo un nome del passato: Javier Zanetti. È arrivato nel nostro club quando molti non lo conoscevano, e poi ha giocato fino al ritiro, dal 1996 al 2014 Pupi è stato lealtà, passione, amore, rispetto. Tutto. Ogni persona che ama il calcio dovrebbe amare Zanetti. Ho un rito sacro, in ogni singola trasferta che faccio per seguire l’Inter, e ne faccio tante, devo sempre fare una foto con il capitano. Mi apposto fuori dall’albergo fin quando non lo becco. Non importa se ho già 50 o 60 selfie differenti, ne aggiungo sempre un altro. Anche stavolta sono riuscito a vederlo. Ovviamente, con chi pensate che sia la mia foto profilo su WhatsApp?".
Quale la cosa più estrema e folle che ha fatto per l’Inter?
"Al Mondiale per Club negli Stati Uniti l’estate scorsa… Sono andato a vedere le partite di Seattle con tutta la mia famiglia. Dopo quella vinta contro il River Plate, ho preso un volo per il Canada per lasciare a casa moglie e figlio. Mi sono assicurato che stessero bene e poi lo stesso giorno sono tornato in aeroporto e ho preso un volo per Charlotte, North Carolina, dove si stava spostando l’Inter. Alla fine abbiamo perso con il Fluminense, ma io dovevo esserci. E poi c’è anche un lato ‘folle’ più quotidiano e familiare: mia moglie non è molto felice perché ormai in casa vede solo vestiti, magliette, gadget dell’Inter… Praticamente non c’è più spazio per nient’altro. Ci rido sopra, ma non troppo…".
Dallo stadio alla sala stampa di Riad: come ha fatto a intrufolarsi?
"È successo perché sono molto attivo su X e lì, come detto, traduco sempre tutte le notizie sull’Inter: così sono diventato un punto di riferimento per tutti i tifosi nei Paesi arabi. Devo, comunque, ringraziare l’Inter Club Saudi Arabia che mi ha fatto ottenere questo accesso. Era uno dei miei sogni essere dentro la sala conferenze e che nervosismo prima di fare una domanda a mister Chivu quasi da giornalista. È un ricordo bellissimo che non dimenticherò mai, ma spero che non sia l’ultima volta. Anche perché sto trasferendo la passione a mio figlio che ha già delle foto con Dumfries, Sommer, Maicon, alcuni dirigenti e, ovviamente, Javier Zanetti. Quella non deve mancare mai…".


