Contro il Bologna il messicano ha sulla coscienza due gol che avrebbero potuto chiudere la sfida: la mancanza di serenità in rossonero è evidente, ma c'è anche una buona dose di malasorte. E Allegri lo protegge
C'è un'immagine, in particolare, che racconta bene lo stato d'animo di Santiago Gimenez: è la sua faccia dopo aver preso il palo nel secondo tempo con il Bologna. Santi riprende posizione arretrando, la telecamera si sofferma in un primo piano e zoomma su un'espressione vuota. Non c'è rabbia, nemmeno una smorfia di disappunto. Ha gli occhi persi nel nulla, a guardare verso un punto indefinito del campo. Praticamente sotto shock. È l'incapacità di darsi una spiegazione da parte di un giocatore che va in nazionale e vince trofei (Concacaf Nations League e Gold Cup negli ultimi mesi), mette a referto gol pregiati (alla Corea del Sud, pochi giorni fa), poi torna a Milanello e inizia a litigare col pallone.
qualifica speciale
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Un po' di destabilizzazione era in effetti comprensibile fino a quando il mercato è rimasto aperto. Non è il massimo scendere in campo, come a Lecce, pochi minuti dopo che il tuo ds ha appena svelato in tv il tentativo in atto di uno scambio con un altro attaccante (Dovbyk). Poi il mercato ha finalmente chiuso, Santi non si è mosso - anche e soprattutto per sua volontà - ed è rimasto a Milanello con una qualifica speciale: in mezzo a fantasisti, tuttologi dell'attacco e centrocampisti prestati alla fase offensiva, è l'unico centravanti di ruolo in rosa. Il problema è che partite come quella col Bologna non giovano alla salute (mentale). Quando un attaccante non è sereno, è facilmente deducibile dalla gestione del pallone. Basta riguardarsi la scioltezza nei movimenti che lo hanno portato al bellissimo gol in nazionale, e la legnosità con cui ha cercato di gestire gli ottimi rifornimenti dei compagni contro gli emiliani. Il messicano non sarà un manuale vivente di tecnica, ma nemmeno quel giocatore incapace di proteggere il pallone e che fatica a stopparlo. Come al minuto numero 71: controllo affannoso, smarrito il tempo della giocata per concludere. O come al minuto numero 83: mancanza di coraggio nel concludere subito, scelta di allargarsi agevolando la chiusura dello specchio da parte del portiere, tiro che sbatte sul palo. Non è stata sfortuna, ma un errore a monte.
sfortuna
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E poi, va detto, ci si mette anche una discreta dose di malasorte. A Lecce il Var gli ha strappato dal tabellino un bel gol, vanificando anche la generosa esultanza dedicata al compagno Jashari, da lui abbattuto in allenamento. Con il Bologna la sbracciata di Lykogiannis sulla sua schiena avrebbe potuto portare al rigore, ma Marcenaro ha scelto di lasciar correre. Insomma, non sono settimane facili per Santi, e quella faccia smarrita le raccontano bene. Allegri nel dopogara l'ha protetto: "Ha il sostegno mio e dei compagni. Ha giocato da uomo squadra e si è sacrificato, sull'ultima palla era stanco e poco lucido. Deve stare tranquillo, i gol arriveranno, per me ha fatto la miglior partita da quando sono qui". Anche San Siro ha capito il momento complicato e l'ha applaudito (coprendo qualche fischio sparso) quando ha lasciato il campo a Nkunku al 40' della ripresa. Il problema però resta, perché il centravanti di una squadra che punta alle prime quattro posizioni non può concludere senza gol una partita in cui ha a disposizione occasioni solari. Poi, è ovvio, tutto è bene quel che finisce bene: ma se il Bologna avesse pareggiato, che cosa ne sarebbe stato di Santiago Gimenez?