Cantiere Ssn
Oltre a crescere meno dei finanziamenti la spesa effettiva per l’Assistenza domiciliare integrata aumenta meno della crescita del numero di assistiti evidenziando una contrazione dell’intensità del servizio
di Laura Pelliccia *
15 settembre 2025
I risultati del 2024 del progetto Pnrr “Casa come primo lugo di cura” evidenziano il pieno raggiungimento da parte di tutte le regioni del target atteso, ovvero la crescita degli anziani beneficiari di assistenza domiciliare. Diversi territori non solo hanno raggiunto l’obiettivo intermedio del 2024, ma hanno addirittura già superato i livelli di servizio attesi per il 2025, quando, al termine di questo investimento, il Paese si è impegnato a servire con l’Adi il 10% degli anziani
Secondo il monitoraggio di Agenas in tutte le aree del Paese e nelle singole regioni la situazione della copertura dell’ Adi è decisamente migliorata: la percentuale di anziani assistiti, che prima dell’avvio di questi programmi era del 4,6%, nel 2024 ha raggiunto il 10,9%. Rispetto alla situazione di partenza (2019) nel 2024 il numero di assistiti è incrementato di oltre 900.000 anziani. Lo sviluppo della presa in carico interessa tutte le regioni, con un effetto di tendenziale riallineamento dei divari Nord-Sud.
Storicamente, nell’ambito di una sanità prevalentemente concentrata sugli ospedali, nelle politiche sanitarie erano mancati obiettivi da conseguire per l’assistenza sociosanitaria, un aspetto su cui il Recovery Plan ha provato a intervenire. Questo maggior ricorso all’Adi è senz’altro positivo quale segnale di attenzione al territorio. Tuttavia, i risultati positivi devono essere considerati anche sotto altre prospettive.
L’uso dei finanziamenti
Con l’investimento “Casa come primo luogo di cura” sono stati messi a disposizione per lo sviluppo degli interventi sociosanitari domiciliari per il triennio 2022-2025 circa 3 mld aggiuntivi rispetto ai fondi già finalizzati per questo obiettivo a partire dalla fase pandemica (circa 500 milioni per ciascun anno ai sensi del DL 34/3030). Il Pnrr Adi poteva essere impiegato per l’arruolamento di personale da dedicare ai servizi domiciliari delle Case della comunità (incluse le prestazioni domiciliari degli Mmg), ma anche per l’acquisto di prestazioni domiciliari dagli erogatori privati accreditati.
Quanto sta effettivamente aumentando la spesa del Ssn per la domiciliarità? Dalle rilevazioni Istat sulla spesa per l’assistenza sanitaria per funzione, risulta che la spesa sanitaria pubblica per l’assistenza domiciliare nel 2024 ha assorbito meno di 4,2 mld. Rispetto al 2019 tale spesa è aumentata di circa 875 milioni; il budget annuo di risorse incrementali per l’Adi nell’ultimo anno era quasi 1,5 miliardi (le risorse da Dl 34 più quelle del Pnrr che, nel 2024, valevano quasi un miliardo). La crescita della spesa per l’Adi è risultata di poco più della metà dei finanziamenti disponibili.
Come sono stati impiegati i finanziamenti per l’Adi che non si sono tradotti in spesa per il domicilio? C’è il rischio che possano essere stati usati per altri scopi? La condizione per ottenere il finanziamento integrale previsto dal Pnrr è quella di aver raggiunto il numero di beneficiari atteso per ciascun anno, per ogni regione. Chi raggiunge il target (nel 2024 la totalità delle regioni) ha diritto al totale del finanziamento, calcolato considerando un importo fisso per utente, a prescindere dai costi sostenuti per l’Adi e dall’intensità del servizio reso (quindi anche nei casi di spesa effettiva per utente molto limitata). Un meccanismo che potrebbe non sufficientemente garantire che i finanziamenti ottenuti siano effettivamente spesi per la finalità prevista; non si può escludere che i fondi erogati siano usati per scopi diversi (es. ricoveri, assistenza ambulatoriale, farmaci), specie nei casi di servizi sanitari regionali in difficoltà ad assicurare gli equilibri di bilancio. Ci si domanda se non ci siano meccanismi più efficaci per dare pieno impiego ai finanziamenti disponibili verso lo scopo per cui sono stati concepiti.
Senza queste certezze l’obiettivo di dare più centralità al territorio rischia di non produrre al pieno i propri effetti. C’è già qualche segnale di uno stop all’acceleratore: il peso dell’Adi sul totale della spesa sanitaria, dopo una crescita dal 2,8% del 2019 al 3% del 2022, nel 2023/2024 si è stabilizzato senza continuare la spinta propulsiva (nostre elaborazioni su dati Istat, Spesa sanitaria per funzione).
Le carenze di personale
Le generali fatiche nel reperimento di professionisti hanno senz’altro contribuito al parziale impiego dei finanziamenti disponibili per potenziare l’Adi. Tuttavia, bisogna chiedersi anche se nell’allocazione delle risorse disponibili sia stata data priorità a questo obiettivo. Gli operatori potrebbero aver ceduto alla tentazione di rafforzare altri servizi della sanità tradizionale. Le così alte attenzioni mediatiche su temi quali il recupero delle liste d’attesa potrebbero avere inciso sulla scelta di destinazione delle figure aggiuntive. Oggi i programmi sui tempi d’attesa non tengono adeguatamente conto dei bisogni delle persone non autosufficienti a domicilio che, proprio per le loro limitazioni fisiche/cognitive/funzionali, non possono accedere all’assistenza specialistica e diagnostica in ambulatorio.
Uno spazio in manovra
Tra le questioni aperte c’è anche quella della continuità dei finanziamenti per l’Adi post Pnrr. Qualche legge di bilancio fa (L. 234/2021 art 1. C. 274) il Fsn era stato implementato affinchè, dopo il 2025, il Pnrr potesse essere sostituito da stanziamenti per le assunzioni di professionisti nelle Cdc, da dedicare anche all’ Adi. Si rischia che, nell’utilizzo operativo delle risorse, il Fsn 2026 possa già essere stato “prenotato” per scopi alternativi e che la crescita (a metà) della spesa per l’Adi si consolidi sui livelli attuali (o addirittura che arretri). Sarebbe importante che questi temi trovassero spazio nelle imminenti manovre di finanza pubblica.
Più assistiti ma cure di bassa intensità
Oltre a crescere meno dei finanziamenti, la spesa effettiva per l’Adi è aumentata meno della crescita del numero di assistiti (tra il 2019 e il 2024 rispettivamente 26% contro 141,4%). Ciò significa che si sta riducendo la spesa effettiva per ogni singolo utente, indice di una contrazione dell’intensità del servizio. Se invece le condizioni erogative fossero rimaste quelle ante Pnrr la spesa sarebbe cresciuta quanto il numero di utenti.
Come già emerso dai primi risultati sul 2023, l’effetto del Pnrr è quello di una crescita della numerosità dell’utenza a discapito dell’intensità del servizio.
Abbiamo stimato che per ogni assistito incrementale rispetto all’anno base 2019 sono stati spesi 971 euro, una cifra che corrisponde a circa la metà delle risorse standard che, ai fini dell’investimento Pnrr, sono state erogate per ogni assistito incrementale in Adi. Si ricorda che il finanziamento che viene erogato alle regioni considera un costo medio ponderato standard per la presa in carico a domicilio pari a 1.977,94, cifra che viene erogato indipendentemente dalla spesa effettiva.
L’aver considerato rilevanti solo il numero degli assistiti, indipendentemente dal livello di erogazione per caso, ha scoraggiato le prese in carico più intensive e durature, incoraggiando solo la massimizzazione del numero di utenti; questo meccanismo ha senz’altro anche contribuito al parziale impiego delle risorse disponibile per l’Adi. Se il costo standard fosse stato riconosciuto a condizione che venisse erogata un’assistenza standard per assistito, si sarebbero prevenuti questi effetti distorsivi.
VARIAZIONI VS 2019
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Quale eredità post Pnrr
I risultati del Pnrr 2024 confermano la preoccupazione che l’Adi diventi sempre più episodico-prestazionale; gli interventi di presa in carico continuativa e intensiva, quelli che dovrebbero rispondere alle esigenze degli anziani non autosufficienti, non sembrano invece incoraggiati. L’obiettivo di rendere gli interventi domiciliari a misura di anziano con bisogni di Long Term Care, costruendo un servizio adeguatamente intensivo, continuativo e integrato con i servizi sociali, è uno dei compiti espressamente previsti dalla Legge delega di riforma di questo tipo di assistenza. Nell’attesa dell’adozione dei relativi decreti attuativi, le risorse disponibili sono evidentemente impiegate con logiche diverse, frenando quella presa in carico domiciliare intensiva e multidisciplinare utile a generare virtuosismi nel Ssn (es. riduzione ricoveri, accessi in Ps ecc).
Servono standard
La spinta per la costruzione della nuova sanità territoriale ha inteso fare dell’Assistenza domiciliare un elemento cardine del territorio (da assicurare, secondo il Dm 77, in tutte le Case della comunità). E’ innegabile che questo servizio si stia sviluppando, anche grazie al Pnrr. E’ utile – come già si sta facendo - che venga monitorato l’effettivo stato di implementazione del servizio Adi in tutte le Cdc. Tuttavia, alla fine dell’investimento “Casa come primo luogo di cura”, sarebbe riduttivo accontentarsi della garanzia dell’attivazione del servizio in tutte le CdC; sarebbe parimenti riduttivo se ci si accontentasse dell’unico standard quantitativo che al momento il Dm 77 ha definito per la domiciliarietà, ovvero assistere il 10% degli anziani, considerati i già noti limiti di uno standard monodimensionale come questo. Per rendere questo processo utile al pieno per le necessità del sistema e ai bisogni specifici della non autosufficienza dovrebbero invece essere introdotti standard e sistemi di monitoraggio per misurare l’assistenza territoriale al domicilio in termini di intensità, durata, appropriatezza, efficacia di questo servizio e sulla sua adeguatezza dell’erogato rispetto ai bisogni della popolazione.
* Network Non Autosufficienza, Analista di politiche sociali e sanitarie
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