Per il più piccolo degli Esposito l'arrivo del tecnico romeno, che lo conosceva da quando aveva 13 anni, è stato decisivo. Una fiducia ben ripagata
Ma se il 9 giugno Cristian Chivu non si fosse seduto sulla panchina dell’Inter, dove sarebbe oggi Pio Esposito? Difficile rispondere, perché la storia non si fa con i se e con i ma e perché le traiettorie del destino sono spesso imprevedibili. Quel che è certo, però, è che il fattore Chivu, in questa storia, conta eccome. Perché l’uomo che oggi guida l’Inter è anche l’uomo che sulla stoffa del giovane Pio non ha mai avuto dubbi: lo aveva messo al centro di tutto un pomeriggio di due anni fa a Cagliari, stringendogli al braccio la fascia da capitano della Primavera nonostante il più piccolo degli Esposito giocasse sotto età, e lo ha rimesso in prima fila adesso che Pio è un ventenne rampante, affamato di campo e di gol in mezzo a due mammasantissima come Lautaro e Thuram.
Hojlund? No, Pio
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Di indizi ce ne sono abbastanza per costruire una prova: dal debutto da titolare a fine giugno contro il River nel Mondiale per club — partita da album dei ricordi che Esposito ha fissato sulla pagina con il primo gol in nerazzurro — all’esordio dall’inizio in Champions contro l’Ajax e ancora quello da titolare quattro giorni dopo col Sassuolo in Serie A, Chivu sul suo pupillo ha spinto forte fin dall’inizio. La mossa strategicamente più significativa, tuttavia, il romeno l’ha fatta prima ancora che questo 2025-26 prendesse il via. Perché c’è stato un momento in cui l’Inter si è trovata di fronte a un delicatissimo bivio: da una parte la scommessa Pio, dall’altra la possibilità di rinforzarsi con Hojlund, quando il danese non era ancora nel mirino del Napoli. Chivu, appena arrivato ad Appiano e in procinto di imbarcarsi con la squadra per gli Usa, chiese tempo ai dirigenti nerazzurri, che sul gioiellino di casa dovevano sciogliere un solo nodo: puntare subito su di lui o rinviare l’appuntamento di una stagione con un altro prestito? Chivu parlò chiaro: fatemi (ri)vedere Pio all’opera e capiremo meglio. Gli è bastato poco — il gol al River — per arrivare alla conclusione che sì, Pio Esposito sarebbe stato il futuro ma anche il presente dell’Inter: "L’ho conosciuto a 13 anni e mezzo, siamo cresciuti assieme ma ora ritrovo un attaccante maturo, l’Italia potrà goderselo per molti, molti anni". Il pensiero di Chivu, condiviso dal presidente Marotta e dal ds Ausilio, ha orientato le prime battute del mercato ma anche quelle successive: se l’Inter ha deciso di abbandonare la pista Lookman dopo averlo trattato per settimane, è anche perché Pio e il suo fratello Bonny nel frattempo bruciavano le tappe. E oggi sorridono tutti: l’Inter, Pio e il suo allenatore che se lo è tenuto stretto.