La detassazione degli aumenti contrattuali solo per i redditi fino a 28mila euro "per un lavoratore con un reddito di 30.000 euro lordi annui, vale 3 euro al mese, cioè sostanzialmente nulla". Lo afferma il segretario segretario confederale Cgil Christian Ferrari in una nota, in cui evidenzia che "ciò che conta di più è il problema del fiscal drag".
"Come Cgil, abbiamo presentato un pacchetto di proposte al governo" sulla "emergenza sociale" della questione salariale. "La detassazione degli aumenti contrattuali è solo una delle rivendicazioni di quel pacchetto. La parte più rilevante, invece, riguarda il drenaggio fiscale che - tra il 2022 e il 2024 - ha sottratto ben 25 miliardi di euro a lavoratori e pensionati", aggiunge.
L'accusa che Cgil rivolge al governo è di avere deciso di non restituire il pregresso che, dice il sindacato, "se consideriamo anche il 2025, arriva a far pagare fino a 2.000 euro in più, in media, ai lavoratori. E, come se non bastasse, hanno scelto di non neutralizzarlo per il futuro, attraverso l'indicizzazione automatica all'inflazione dell'Irpef (scaglioni, detrazioni, trattamento integrativo, eccetera)". "Così facendo, con una mano si dà qualcosa, poco, a chi vive di reddito fisso, con l'altra si prende molto di più".
Secondo le proiezioni del sindacato "ipotizzando, infatti, un aumento da Ccnl nel 2025 del 2%: un lavoratore con un reddito annuale di 15.000 euro lordi, anche considerando la detassazione al 5% di cui sopra, otterrà 259 euro netti all'anno in più in busta paga, ma si vedrà drenati 130 euro, dimezzando il vantaggio; un lavoratore con 20.000 euro lordi di reddito, a fronte di un aumento netto di 345 euro, ne perderà 513".
"E più si sale, peggio è: fino ad arrivare a un lavoratore con 35.000 euro lordi annui, che otterrà sì un aumento contrattuale netto di 413 euro, ma subirà un drenaggio fiscale di 1.566 euro, che non verranno certo compensati dagli 88 euro di beneficio ottenuto dal taglio della seconda aliquota dell'Irpef previsto per il 2026".
Per la Cgil: "Non c'è nulla di casuale in tutto questo. Se il Governo ha deciso di non neutralizzare questa "macchina infernale", è per una ragione molto semplice: su quelle imposte non dovute fa affidamento per garantire gli equilibri di finanza pubblica, scaricandoli per intero sui soliti noti. Per di più, con l'obiettivo di finanziare una folle corsa al riarmo che ci costerà 23 miliardi di euro solo per i prossimi tre anni.
Sostanzialmente, a parole si dichiara di voler tutelare il potere d'acquisto di lavoratori e pensionati, nei fatti si fa esattamente il contrario. La Cgil non può rimanere né silente, né ferma di fronte a questa intollerabile ingiustizia: la manovra va cambiata per fermare il drammatico impoverimento di chi vive di salario e di pensione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA