Usare gli asset russi - almeno 335 miliardi di dollari su scala globale di cui la gran parte in Europa - per continuare a finanziare la difesa dell'Ucraina, ora che l'America di Trump si fa da parte. È il rebus che fronteggiano i leader europei, mentre in vista del Consiglio a Bruxelles trapela nuovamente uno stallo: la soluzione andrebbe verso l'incarico alla Commissione a fare una proposta - essenzialmente un'architettura giuridica che non sia configurabile come esproprio - per fine anno entro i paletti posti dagli Stati membri. O almeno dai 'volenterosi' disposti a spendersi.
È lo stato dell'arte della discussione sugli asset russi, nella situazione paradossale creata dall'amministrazione Usa che, dopo aver esortato gli europei a finanziare la guerra mettendo mano ai soldi di Mosca, ai partner del G7 a Washington la scorsa settimana avrebbe fatto sapere di non sentirsela, in questo momento, di espropriare i cinque miliardi di dollari di attività russe parcheggiate negli Usa.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, spiega all'ANSA: per l'Europa "il tema principale è evitare che tutto appaia come una confisca a tutti gli effetti, che alimenterebbe i timori che un domani, a conflitto risolto, ci possa essere una causa legale da parte della Russia". Un problema evidenziato a più riprese dalla Banca centrale europea: "Se il mondo percepisce un esproprio - spiega Cesarano - altri Paesi che hanno riserve in euro potrebbero temere che un giorno tocchi a loro. Potrebbero ridurre le riserve in euro, magari cambiandole in oro o dollari. Sarebbe un segnale di sfiducia negli asset in euro".
La soluzione individuata da Bruxelles e appoggiata dal cancelliere tedesco Friedrich Merz dopo le resistenze iniziali era un prestito all'Ucraina, prelevando le riserve russe in cambio di un bond zero coupon senza interessi da 140 miliardi di euro, garantito dagli Stati Ue ed a latere dal bilancio della Ue. Solo nel caso e nella misura in cui la Russia effettuasse riparazioni di guerra a Kiev, l'Europa sarebbe stata tenuta al rimborso. "Una soluzione molto al limite - spiega Cesarano - ma che rappresenterebbe l'escamotage giuridico perché non si tratti di esproprio vero e proprio, ossia un trasferimento di fatto della proprietà delle riserve". Ma trovata la soluzione si crea un altro problema. Gran parte degli asset russi in Europa - erano 200 miliardi di euro all'inizio della guerra - sono congelati nelle casse di Euroclear, il depositario centrale che ha sede in Belgio. E il Belgio vuole che le conseguenze di un eventuale contenzioso legale sollevato dalla Russia siano distribuite fra i partner europei, non solo su di sé. Per di più Mosca, un minuto dopo la mossa europea, metterebbe le mani sui conti dei depositari centrali nella sua giurisdizione: a partire proprio da Euroclear che (dati d'inizio 2023) deteneva lì circa 2,75 miliardi di euro.
Ecco il rebus europeo nel continuare ad aiutare l'Ucraina in un conflitto ai suoi confini orientali con gli Usa che si fanno da parte. Probabile, spiega Cesarano, che non tutti i Paesi Ue vogliano accollarsi simili rischi e che ci si ritrovi in un gruppo di volenterosi. Ma in che modo le garanzie da offrire a quest'architettura finanziaria peserebbero poi sui bilanci nazionali di alcuni Paesi già molto indebitati? Alla fine una soluzione, spiega l'esperto di Intermonte, "potrebbe essere che i governi non siano i garanti primari ma secondari, sorta di fidejussori della Ue che sarebbe il garante primario. Questo per evitare che la garanzia offerta dagli Stati non peggiori i conti pubblici degli Stati stessi, soprattutto agli occhi delle agenzie di rating". Ma andrebbe bene agli altri Stati, i "non volenterosi", che partecipano al bilancio Ue? "Servirà un gran lavoro a livello giuridico", spiega Cesarano. E visto che fonti europee dicono all'ANSA che "non si è arrivati ad un consenso questa mattina al livello degli ambasciatori", dal Consiglio Ue "potrebbe arrivare non una decisione, ma un mandato di alcuni Paesi alla Commissione a confezionare una possibile soluzione entro i paletti da loro indicati", secondo il chief global strategist di Intermonte. Entro fine anno, si spera.
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