"Quando vedo che gli atleti
israeliani partecipano alle manifestazioni sportive io provo
rabbia e ingiustizia. In Israele non c'è solo una guerra ma un
genocidio in corso e nessuno riesce a fermarlo: tuttavia loro
possono partecipare agli eventi senza nessuna difficoltà, come
se fosse un paese normale. Inoltre a volte nelle partite vedo
che" viene osservato "un minuto di silenzio per le vittime
israeliane ma a Gaza ci sono 50.000 morti. Si vede che noi
palestinesi non contiamo niente". Lo ha detto la prima
calciatrice palestinese in Italia Natali Shaheen, intervenendo
in video collegamento al convegno 'Lo sport come strumento di
pace', in corso a Firenze. Shaheen adesso vive in Sardegna e
gioca nella squadra del Real Sun Service.
"Spero che un giorno le guerre finiscano, che si possa vivere
in pace, senza divisioni", ha aggiunto. Shaheen ha ricordato le
difficoltà a giocare a calcio in Palestina, dove anche giocatori
e tecnici, come il ct dell'Olimpica Hani al Masdar, sono morti
sotto i bombardamenti: "spostarsi tra città e città è difficile,
a causa dei posti di blocco che sono stati messi da Israele - ha
spiegato -. Io sono nata a Gerico ma giocavo a Ramallah: nel
tragitto tra casa e il campo sportivo ci sono due check point,
che gli israeliani chiudono quando vogliono. Per questo per
arrivare agli allenamenti partivo da casa mia quattro ore prima:
nonostante questo, tante volte non sono riuscita ad arrivare in
tempo agli allenamenti, mentre altre volte ho dovuto dormire a
casa dei miei compagni perché la strada nel frattempo era stata
chiusa".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA