C'è tempo per intesa su dazi, cauto ottimismo di Roma

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La partita non è ancora chiusa, ma nelle stanze del governo si continua a respirare un "ottimismo cauto". La speranza resta quella che alla fine un accordo con gli Usa sui dazi si farà e che non sarà così penalizzante per l'economia europea, e quella italiana, come da premesse.

Giorgia Meloni passa la giornata al lavoro, a Palazzo Chigi, e al telefono: sente in serata Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron,e di nuovo Mertz, le tensioni commerciali sono il dossier più caldo. E la volontà "di tutti" i leader, assicura chi le ha parlato, è di chiudere "positivamente" la trattativa con gli Stati Uniti. Mentre visita la sede dell'ANSA, sui televisori alle sue spalle scorrono i titoli dell'extra-tassazione al 25% decisa da Donald Trump nei confronti di Giappone e Corea del Sud. Ma a Bruxelles la "lettera" che chiude la trattativa ancora non è arrivata. La trattativa andrà avanti fino al primo agosto. E c'è chi scommette che ci possa essere una accelerazione nei prossimi giorni (gli ambasciatori Ue sono di nuovo convocati per mercoledì, alla vigilia, tra l'altro del voto di fiducia sulla presidente della Commissione). C'è ancora tempo quindi, si ragiona ai piani alti del governo, per cercare di concludere una intesa. Magari su quel compromesso del 10% di cui si parla fin dall'inizio. "Non commentiamo le ipotesi", è a sua volta cauto il ministro Francesco Lollobrigida, che nei giorni scorsi è volato negli Usa per perorare la causa di un settore, quello dell'agricoltura, contro cui erano arrivate le minacce della Casa Bianca di aliquote al 17%.

Le imprese intanto restano col fiato sospeso. E le opposizioni sono decisamente critiche con la strategia di Meloni. C'è chi chiede di accelerare sulla chiusura dell'accordo sul Mercosur (come fa Luigi Marattin) e chi va all'attacco di un atteggiamento "imbarazzante" del governo come Elly Schlein. La segretaria del Pd mette in fila i conti fatti da Confindustria (tra dazi e deprezzamento del dollaro l'effetto sarebbe un calo dell'export italiano da "20 miliardi" e "118mila posti di lavoro a rischio"). Come se non bastasse, anche nella maggioranza c'è chi, per altri motivi, non è convinto della linea perseguita dall'esecutivo: il leghista Claudio Borghi che torna a sottolineare che "più vantaggioso" sarebbe stato trattare in solitaria, perché "chi decide quali dazi mettere sono gli Stati Uniti", come nel 2020, "quando il vino francese fu gravato da dazi e quello italiano no". Una opzione che non è mai stata sul tavolo per la premier.

 Il commercio è in capo alla Commissione e Trump vede l'Ue come un unico blocco. Quindi, i margini che ci sono, e che Roma ha esplorato con l'obiettivo di tenere vivo il "dialogo" tra le due sponde dell'Atlantico, possono essere utili sì ma ad orientare la trattativa in favore della Ue nel suo insieme.  Non è escluso che Meloni ne parli con von der Leyen anche a Roma, giovedì, quando la presidente della Commissione parteciperà alla Conferenza sulla ripresa dell'Ucraina. Un appuntamento che nei mesi scorsi si preparava con la speranza che potesse cadere a processo di pace avviato. Ma in questa fase, è chiaro a tutti che parlare di ricostruzione è molto complicato e l'obiettivo sarà quello di consegnare un messaggio politico di "vicinanza" a Volodymyr Zelensky, che sarà nella Capitale già da mercoledì per incontrare anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Presenti anche Friedrich Merz e Donald Tusk, tra gli altri, l'appuntamento sarà quindi soprattutto una nuova occasione per ribadire che l'Ue, Italia in testa, manterrà fermo il suo sostegno all'Ucraina.

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