C'è tempo fino alle 23.59, ma il presidente non ha intenzione di rispettare le scadenze economiche necessarie per l'iscrizione a un campionato professionistico. Il club, salvo miracoli dell'ultimo momento, va quindi verso il fallimento
Gian Paolo Laffranchi
6 giugno 2025 (modifica alle 13:14) - BRESCIA
Massimo Cellino ha deciso di staccare la spina. Il Brescia finisce così, oggi, dopo 114 anni. Salvo dietrofront al momento improbabili il suo presidente non pagherà gli stipendi, non rispetterà la scadenza odierna del pagamento degli emolumenti ai dipendenti e dei relativi contributi necessaria per l’iscrizione al prossimo campionato (da perfezionare poi il 24 giugno con una fideiussione). Una somma di 3 milioni di euro, in virtù della proposta di rateizzazione della Agenzia delle Entrate, per un debito complessivo di 9 milioni: niente di insormontabile per un imprenditore esperto e facoltoso come Cellino, che però non aspetta più compratori (il gruppo americano non ha voluto anticipare la cifra corrispondente alle incombenze che pendono sul suo capo) e non ha voglia di ripartire da una città con cui la frattura è totale da tempo.
la storia
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Se non accadrà l’imponderabile (Stefano Midolo, consigliere investito dei poteri di firma per il club dopo le inibizioni inflitte a Massimo Cellino e suo figlio Edoardo, ha appena rassegnato le dimissioni dal suo ruolo con una Pec), Cellino lascerà terra bruciata cancellando in un amen 114 anni di storia. "Qui vi siete abituati alla mediocrità", disse 8 anni fa presentandosi ai giornalisti dopo aver acquistato la società. Il Brescia, prima di lui, aveva vissuto 4 salvezze consecutive negli anni d’oro di Baggio & Mazzone, conquistando numerose promozioni nell’era-Corioni. Può vantare campioni del mondo come Pirlo, Altobelli e Toni, fuoriclasse come Hagi e Guardiola, bomber come Hubner e Caracciolo. Solo per restare agli anni recenti. Cellino, a parte valorizzare Tonali (eredità della gestione precedente), ha conquistato una sola promozione (2019), retrocedendo due volte in C, una sul campo e una a tavolino adesso, con una doppia penalizzazione da -4 per irregolarità nel pagamento di contributi e stipendi. Paradossale, a questo punto, il ricorso alla Corte d’appello federale (10 giugno). Il Brescia ci arriverebbe da morto. A staccare la spina, il suo stesso presidente. Grande la rabbia in una città incredula: seconda nella pallanuoto con l’An Brescia, in finale scudetto nel basket con la Germani, si ritrova orfana del calcio dopo una salvezza in B conquistata sul campo. Il futuro è tutto da scrivere, ripartendo da zero.