Artrite: l'intelligenza artificiale può diagnosticarla in pochi minuti. Lo dice uno studio

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 l'intelligenza artificiale può diagnosticarla in pochi minuti, secondo uno studio

In Corea hanno messo a punto una tecnologia in grado di riconoscere l'osteoartrite dall'artrite, sfruttando gli algoritimi dell'AI

Eugenio Spagnuolo

21 maggio - 12:04 - MILANO

Capita che le articolazioni si facciano sentire: un dolorino qui, un gonfiore là, una certa fatica a muoversi come prima. Potrebbe essere l'osteoartrite, quel disturbo legato all'usura del tempo e delle cartilagini. Oppure potrebbe trattarsi di artrite reumatoide, una condizione più complessa in cui è il sistema immunitario a fare i capricci, attaccando le articolazioni. Distinguere le due non è una passeggiata per i medici, e per i pazienti può significare un periodo di incertezza, fatto di esami e attese. 

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Dalla Corea del Sud, però, arriva una notizia che potrebbe segnare un passo avanti contro questa condizione, che solo in Italia affligge 400 mila persone. Un gruppo di ricercatori ha messo a punto un sistema diagnostico che combina nanoparticelle e intelligenza artificiale per analizzare il liquido sinoviale, il fluido che lubrifica le nostre giunture. Stando a quanto pubblicato sulla rivista Small, sarebbe in grado di differenziare l'osteoartrite dall'artrite reumatoide con un'accuratezza del 98,1%. Non solo: il test potrebbe anche fornire indicazioni sulla gravità dell'artrite stessa, in modo da indirizzare meglio le terapie. 

Artrite: l'importanza della diagnosi

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Avere una diagnosi precisa, e averla in fretta, fa una bella differenza. Perché, sebbene i sintomi possano assomigliarsi, le cause alla base di artrite e osteoartrite – e quindi le cure – sono diverse. Oggi, per arrivare al verdetto, i medici ricorrono a questionari, esami di imaging (come radiografie e risonanze) e analisi di laboratorio. Un percorso che - fanno notare i ricercatori coreani - richiede tempo, risorse, e non sempre fuga ogni dubbio, specie all'esordio della malattia. I test attuali su campioni biologici liquidi, per esempio, mostrano un'accuratezza attorno al 70-80%, ma possono perdere colpi nell'identificare i casi nelle primissime fasi.

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AI contro l'artrite

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La tecnologia messa a punto in Corea si basa su una tecnica chiamata SERS (Surface-Enhanced Raman Scattering). In parole povere, è come se si riuscisse a "leggere" l'impronta digitale chimica delle molecole analizzandone le vibrazioni, anche quando sono presenti in quantità minime. Per rendere questa lettura più efficace, i ricercatori hanno sviluppato un sensore particolare: un pezzo di carta su cui sono state depositate nanoparticelle d'oro, che hanno il pregio di amplificare notevolmente il segnale proveniente dal liquido sinoviale. Ed è qui che entra in scena l'intelligenza artificiale: un algoritmo di machine learning è stato istruito a riconoscere i campioni di osteoartrite da quelli di artrite reumatoide con una sensibilità del 97,3% e una specificità del 100%.

 Con l'aiuto di strumenti matematici, i ricercatori hanno anche identificato nel liquido articolare delle molecole specifiche che potessero fungere da indicatori della malattia (biomarcatori), scoprendo che le due forme di artrite lasciano tracce metaboliche diverse, con alcune sostanze che si accumulano di più in un caso o nell'altro. E analizzando la quantità di globuli bianchi, la piattaforma è riuscita a stimare la gravità dell'artrite reumatoide con un'accuratezza del 98,1%. 

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Prospettive future

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La speranza è che il nuovo metodo diagnostico possa aiutare i medici nei test di screening, prima di esami invasivi o costosi, o come complemento alle analisi del sangue. Il sensore su carta è relativamente semplice da produrre, il che ne faciliterebbe la diffusione. Ma come per ogni nuova scoperta, ci sono aspetti da approfondire e limiti da considerare, e gli stessi autori dello studio li mettono in luce. La ricerca si è concentrata solo su osteoartrite e artrite reumatoide, tralasciando altre possibili cause di disturbi articolari. E il numero di pazienti coinvolti nello studio (40 con osteoartrite e 80 con artrite reumatoide) è un buon punto di partenza, ma serviranno studi più ampi per confermare i dati. 

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