Il fantasista, vicepresidente della Lega, alla Milano Football Week: "Con le strutture organizzate oggi c'è meno creatività, io venivo dalla strada. In Serie C ci sono un sacco di calciatori validi, ma non vengono nemmeno provati"
Il primo ospite della Milano Football Week che si è aperta oggi (chiusura domenica 15) a Milano City Life è stato Gianfranco Zola, oggi vicepresidente della Lega e in passato grande campione (oltre 200 gol a livello di club), uno dei talenti più puri del calcio italiano. Dal Napoli, ai giovani fino alla Nazionale: tanti i temi trattati da Zola, nel colloquio con Nicola Binda sul palco di Piazza Gae Aulenti, nel cuore del capoluogo lombardo. La partenza è per la squadra campione d’Italia. “Vincere a Napoli è una cosa meravigliosa - ha detto Zola -. Io ho avuto la fortuna di giocare lì, so cosa significa, soprattutto per la passione della gente. Io avevo davanti Maradona, ho avuto la fortuna di giocare con lui e soprattutto di carpirne i segreti. Diego mi aveva preso subito in simpatia, abbiamo condiviso ore di allenamento assieme, che sono state importantissime per me”. Dopo il Napoli è arrivato il Parma. “Sono stato comprato per fare il salto di qualità, la squadra era già forte, aveva vinto la Coppa delle Coppe. Ho anche dovuto cambiare ruolo perché non era previsto il ruolo di fantasista, così ho dovuto fare la seconda punta. Ero molto responsabilizzato e da quel punto di vista ho fatto un salto in avanti perché a Parma feci una delle migliori stagioni della mia carriera”. Poi il passaggio al Chelsea, in Premier League. “Non era come adesso, ma già allora si facevano grandi investimenti in Inghilterra. Era un calcio molto fisico, mi chiamavano “magic box”, anche per quel gol di tacco che mi è venuto istintivo: sono stato bravo a provarci e come dico ai ragazzi bisogna sempre provarci. Al Chelsea con me c’erano Gianluca Vialli e Roberto Di Matteo che mi hanno aiutato a inserirmi nella squadra e ad adattarmi”.
talento
—
Zola era un esperto di calci di punizione (l’ha buttata dentro una ventina di volte), gesto tecnico che adesso si vede molto meno in Serie A. “Spesso i ragazzi sanno calciare, hanno talento ma tutto questo va abbinato all’allenamento: quindi meno PlayStation, meno telefonino, più movimento e più pratica. Devi provare il gesto tante volte e forse adesso i ragazzi si esercitano poco. Io a Napoli a fine allenamento mi fermavo con Maradona, lui sulla destra e io sulla sinistra e facevamo le gare a chi segnava di piu”. Poi ecco il capitolo Nazionale, lui che è stato vice campione del mondo nel 1994 con Sacchi c.t. “A quei tempi c’erano giocatori molto forti, come come ad esempio Roberto Baggio: la sua presenza è stata fondamentale per migliorarmi. C’era una concorrenza che si fondava sulla qualità. Adesso è un momento un po’ di crisi. Io arrivavo dalla strada, mi sono dovuto ingegnare per emergere, ora con le strutture organizzate forse c’è meno creatività. Spagna, Francia, Inghilterra, Belgio, ma anche nazioni come la Norvegia producono gente di qualità. Noi dobbiamo ritornare a farlo. Lamine Yamal l’ho visto qualche tempo fa: aveva talento, ma è arrivato dove è arrivato grazie anche al lavoro. In C ci sono i talenti, ma da noi non vengono provati, non li fanno giocare. Dovremmo pensare un po’ di più al mercato interno, magari qualcosa di buono uscirebbe…”
nazionale da amare
—
Tornando all’Italia, per Zola è il faro di tutto il movimento. “La maglia della Nazionale è magica, io mi sono innamorato del calcio grazie alle partite degli azzurri al Mondiale 1982. L’obiettivo della mia carriera era giocare per l’Italia, quando abbiamo battuto l’Inghilterra grazie a un mio gol è stata una gioia immensa, loro hanno sofferto molto, hanno fatto fatica a rialzarsi”. Zola è stato anche allenatore. “Non pensavo di essere portato, poi ho cominciato a lavorare nella Under 21 con Casiraghi e mi è piaciuto. Gianluca Nani mi ha chiamato al West Ham e da li ho girato varie squadre fino all’esperienza con Sarri al Chelsea. Dopo ho deciso di smettere e fare altro, perché ora ci sono problematiche extra calcistiche di cui sinceramente non mi piace molto occuparmi”.